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Missione Libia. Cosa c’è dietro il volo della delegazione turca a Tripoli

Doveva essere un importante incontro bilaterale a cavallo del Mediterraneo in cui Italia e Turchia avrebbero parlato di diverse questioni del bacino, su tutte la crisi libica, ma il ministro degli Esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, dopo aver invitato l’omologo italiano, Luigi Di Maio, ha deciso di rinviare il vertice odierno.

Posposto a venerdì 19 giugno, perché Çavuşoğlu è volato a Tripoli alla guida di una folta delegazione di altissimo livello: con lui il ministro delle Finanze, Berat Albayrak, e i colleghi di Difesa ed Economia, Hulusi Akar e Nihat Zeybekci, nonché il capo dell’intelligence Hakan Fidan e il portavoce speciale della narrativa presidenziale İbrahim Kalın.

Questione di priorità (e di messaggi forse?). I 27 turchi (oltre ai già citati, diversi vari funzionari della Difesa e dell’ufficio di presidenza, spiegano le fonti da Tripoli) arrivati oggi in Libia servono a marcare un segno. La Turchia ha investito molto capitale politico internazionale nel dossier turco: unico stato ad aver fornito assistenza militare al governo onusiano di Tripoli, il Gna, ora Ankara si trova in una posizione di forza.

Il Gna ha vinto la guerra contro l’aggressione di Khalifa Haftar, il signore della guerra dell’Est, e la Turchia vuole un ruolo netto nella fase di stabilizzazione e ricostruzione – non solo statuale. Il presidente Recep Tayyp Erdogan ha un contatto continuo con il premier libico, il capo del Consiglio presidenziale Fayez Serraj, e muove dinamiche di interesse che dal paese nordafricano si proiettano sul Mediterraneo.

La delegazione turca parlerà con i libici di ricostruzione, economia e relazioni commerciali, ma anche dell’apertura di due installazioni  militari: una a Misurata, centro di protezione politica e armata del Gna che ha profonde relazioni col tessuto politico e securitario turco; un’altra ad al Watiya, grande base tra Libia e Tunisia che qualche settimana fa le forze governative hanno riconquistato dal controllo haftariano grazie all’aiuto turco. Ma si parlerà anche degli idrocarburi nell’off-shore libico su cui dalla Turchia sono già state presentate richieste di esplorazione.

Quello che è emerso negli ultimi mesi dal campo ha cambiato i paradigmi, sia in Tripolitania che Cirenaica. E sembra che Ankara voglia sottolineare questa situazione in ogni modo. Anche nei rapporti con l’Italia? Difficile dirlo: però impossibile pensare che il viaggio di una delegazione turca così strutturata sia stato organizzato all’ultimo minuto, sebbene è possibile che non fosse prevista la presenza di Çavuşoğlu.

Tuttavia le relazioni tra Italia e Turchia sono tutt’altro che pessime, come detto, e far saltare l’incontro odierno sembra meno eclatante se messo all’interno del sistema dei rapporti.

Il governo turco, in competizione con la Grecia, ha per esempio aperto i propri confini ai viaggi italiani. O ancora, non più tardi di lunedì sottomarini turchi e italiani hanno condotto un’esercitazione congiunta nel Mediterraneo. E per finire vari media turchi, dalla statale TRT al governativo Daily Sabah, iniziano a sottolineare con costanza e insistenza come Roma e Ankara (e Qatar) siano i Paesi che tutelano l’Onu a Tripoli attraverso l’appoggio al Gna, contro Russia, Emirati Arabi ed Egitto che stanno dietro ad Haftar.

(Foto: fonti Gna, il vicepremier libico , Ahmed Maiteeg, con il ministro Çavuşoğlu a Tripoli, 17 giugno 2020)

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