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Mediobanca, Borsa, Open Fiber. Il Copasir e l’intelligence economica. Parla Volpi

Basta anche solo fare il nome, e il politico, l’imprenditore, il manager di turno scatta sull’attenti. Il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) non è mai stato così sotto i riflettori. Non perché cerchi attenzioni, ma perché nel giro di due anni, prima sotto la presidenza di Lorenzo Guerini, poi sotto la guida di Raffaele Volpi, il comitato di controllo dei Servizi ha davvero spinto sull’acceleratore.

Un’indagine annuale sulla sicurezza della rete 5G, conclusa con un allarme molto chiaro lo scorso dicembre: il governo escluda le aziende cinesi. Poi, quest’anno, un ciclo di audizioni sull’esposizione del sistema economico ad azioni ostili. Banche, assicurazioni, authority, intelligence, il via vai di audizioni a Palazzo San Macuto non si è mai fermato, neanche durante la pandemia.

“Forse, e dico forse, un po’ il nostro lavoro ha aiutato a mettere alla portata del cittadino temi che un tempo erano ristretti agli ambienti interessati”, confida il deputato della Lega e capo del Copasir in una conversazione con Formiche.net. Volpi, cuore leghista ma anche un po’ Dc, primissima fila del Carroccio (lui, pavese, ha seguito passo passo la costruzione di “Noi con Salvini”, la creatura politica che ha portato anche nel profondo Sud, con un certo successo, Alberto da Giussano), elenca a memoria i prossimi convocati: “Borsa italiana, Intesa, Unipol, abbiamo iniziato con l’Aise e finiremo con Aisi, a queste due agenzie va riconosciuto un ampliamento molto qualitativo rispetto all’intelligence economica”, dice.

È solo la coda di una lunga trafila di invitati speciali del comitato, che non si è permesso il lusso dello smart working. Anche perché l’emergenza sanitaria se ne è portata dietro un’altra, quella della sicurezza degli asset strategici, come da copione in ogni crisi che si rispetti. Il crollo verticale delle quotazioni in Borsa di giganti dell’industria italiana dopo il primo inciampo di Christine Lagarde ha suonato un campanello d’allarme. Di lì l’esigenza di alzare l’asticella. Qualcuno ha visto nell’attivismo dell’organo bipartisan uno sconfinamento. Accusa rispedita al mittente: “Io insisto sempre a dire che non ci occupiamo di scelte di mercato, ma di interesse nazionale”, ci dice Volpi. “La speranza è di aver aumentato la consapevolezza dei rischi. E forse un po’ di deterrenza l’abbiamo messa in campo”.

Che asset strategici del Paese facciano gola ad attori stranieri, non è un mistero. Che facciano gola anche a vicini di casa, come i francesi, nemmeno. Anche per questo il Copasir si è concentrato sul mondo finanziario. Tra i dossier più caldi, quello della scalata di Leonardo Del Vecchio, presidente esecutivo del gruppo italo-francese Exilor-Luxottica, in Mediobanca, dove vuole aumentare la sua quota dal 9,9% al 20%. Il timore del comitato è che l’operazione apra una finestra dall’estero nelle Generali, di cui Piazzetta Cuccia detiene oggi il 13%. “Lo dico in senso positivo. Ci possono essere, e spero che ci siano le condizioni per cui il sistema bancario assicurativo italiano trovi vie di convergenza per rafforzare la testa in Italia di queste grandi realtà”, spiega Volpi. Nella partita è entrata anche Unicredit di Jean-Pierre Mustier, sentito dal Copasir, che il leghista definisce “un manager capace, che fa molto bene il suo mestiere, predilige una dinamica molto rapida delle scelte e sa leggere bene la realtà italiana”.

Nel mirino dei cugini d’Oltralpe c’è anche un altro gioiello italiano, oggi di stanza a Londra. Si tratta di Borsa Italiana, in mano alla London Stock Exchange che però presto dovrà liberarsene, causa Brexit. Alla porta ci sono i francesi di Euronext. A meno che da Roma non si faccia avanti una cordata per riportare la Borsa (e i dati sensibili che contiene) nello Stivale. L’idea convince Volpi. “A prescindere dai nomi, e dal possibile coinvolgimento di Cdp, il mio personalissimo parere è che per operazioni di questo livello servano delle convergenze, alleanze con capacità contrattuali importanti che riportino un asset strategico in Italia. Non è remota la possibilità di mettere insieme un’alleanza”.

L’interesse verso asset italiani, va da sé, si spinge molto oltre i confini europei. È finito sulla scrivania di Palazzo San Macuto, ad esempio, l’interessamento del fondo australiano Macquarie ad acquistare la quota di Enel (50%, l’altro 50% è in mano a Cdp) di Open Fiber, la società a partecipazione pubblica che sta costruendo la fibra ottica in tutto il Paese. L’operazione ha una sua logica di mercato, perché, secondo alcuni analisti, smarcando Enel sbloccherebbe la partita Open Fiber-Tim per la rete unica in Italia.

Come riportato da Formiche.net, il comitato segue da vicino la vicenda. Volpi non commenta nel merito, perché, dice, “non abbiamo ancora fatto nomi di singoli attori né alcuna valutazione”, ma conferma l’indiscrezione di una possibile audizione di Open Fiber: “Abbiamo deciso che approfondiremo, questo certo, e ci sembra giusto ascoltare dagli operatori, dunque anche da Open Fiber, la loro versione”. Il tema è sensibilissimo, in ballo c’è la rete 5G su cui, dice Volpi, “penso che abbiamo individuato tutti gli strumenti per una valutazione dirimente del governo”.

Gli strumenti per intervenire e bloccare operazioni sospette ci sono. Il Golden power, ad esempio, su cui il governo ha fatto un lavoro di ricamo (anche con il Copasir) negli ultimi mesi, estendendo i poteri speciali a settori prima scoperti. Ma l’ultima parola, ricorda il leghista, spetta alla politica: “Il Golden power c’è, manca l’idea di applicarlo. Difficile migliorare uno strumento se non lo si usa, rimane un esercizio di teoria”.

È una tentazione, decidere di non decidere, che attraversa tutta la maggioranza, spiega Volpi, e non solo quando si parla di sicurezza. Manca la “concretezza” di cui ha parlato con il governo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dice. “Il Presidente, persona di alta moralità e rettitudine, già provato dal triste spettacolo che sta dando il mondo della magistratura, sta facendo un grande lavoro di diplomazia a sostegno dell’Italia più che del governo. Talvolta, sembra, quasi in supplenza del governo. Il suo è suonato come un richiamo chiaro: vi ho aiutato con l’Europa, indicato una strada, non posso sostituirvi. Se si chiede al presidente di risolvere tutti i problemi, allora è inutile parlare di Repubblica parlamentare”.



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