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A qualcuno non piace Mes. L’analisi di Pennisi

Il finanziamento delle spese per l’ammodernamento del sistema sanitario facendo ricorso all’apposito sportello del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) sembra sparito dai temi all’agenda del governo, nonostante il grido di dolore delle maggiori categorie produttive, le cui organizzazioni hanno lanciato un appello in tal senso. Il governo sostiene che il ricorso al Mes è superato per due ordini di ragioni:

a) i ben più lauti finanziamenti in arrivo a titolo del programma Next Generation EU le cui grandi linee sono state presentate il 27 maggio dalla Commissione europea (Ce) al Parlamento europeo (Pe);

b) l’annuncio di Francia, Irlanda, Portogallo e Spagna dell’intenzione di non fare ricorso al Mes.

Esaminiamo questi due punti. In primo luogo, Next Generation EU è per ora solo uno schema di progetto delineato dalla Ce. È noto che ha l’appoggio della Cancelliera tedesca Angela Merkel che dal primo luglio presiederà, per sei mesi, gli organi di governo dell’Unione europea (Ue) nonché degli Stati (in prima fila, l’Italia) che dovrebbero esserne i principali beneficiari. Tuttavia, ci vorrà molta strada perché dalle grandi linee si passi ad un progetto operativo. Una strada controllata non dalla Ce ma dalle Cancellerie dei 27 Stati membri, alcuni dei quali (dai sei ai nove a seconda dei conteggi) hanno già espresso la loro ostilità.

Le ragioni per l’ostilità sono principalmente due:

i) la cessione, pur molto modesta, di potestà impositiva (in materie come gli utili del web, i prodotti ed i processi inquinanti) dai singoli Stati dell’Unione all’Ue;

ii) l’utilizzazione per sussidi (a fondo perduto) di capitali raccolti dalla Ce sui mercati internazionali. Sono obiezioni serie e motivate con cui si può essere più o meno d’accordo a seconda che si pensi che l’attuale Ue a 27 debba e posso andare nella direzione di un’”unione sempre più stretta” di stampo confederale ove non federale. Queste due obiezioni renderanno lungo e difficile il percorso del Next Generation EU la cui definizione richiede l’approvazione all’unanimità da parte dei 27.

Probabilmente, quando l’Italia dovrà affrontare la prossima legge di bilancio, non solo non saranno iniziate erogazioni a titolo di Next Generation EU ma i negoziati saranno ancora in corso ed il programma starà prendendo una guisa molto differente da quella annunciata il 27 maggio. In settembre, l’Italia rischia di essere letteralmente “in brache di tela” con un debito della pubblica amministrazione superiore al 160% del Pil e con lo spread calmierato unicamente grazie agli acquisti di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea (Bce), sempre che altri Stati dell’unione monetaria non obiettino al fatto che la Bce diventi, in pratica, una cassaforte per il debito della pubblica amministrazione italiana. In settembre, saranno attivi, o staranno per esserlo, altri programmi di finanziamento Ue: da quello di supporto ai disoccupati a quelli della Banca europea degli investimenti (Bei) per le piccole e medie imprese, ad altri. Programmi, senza dubbio, utili ma poca cosa rispetto alle esigenze (ed alle possibili perplessità dei mercati rispetto all’acquisto di titoli di Stato italiani). Un accesso allo sportello sanitario Mes potrebbe non solo portare cassa alle finanze pubbliche ma tranquillizzare i mercati. Uno studio dell’Istituto Bruno Leoni ricorda che il risparmio per lo Stato italiano, con l’attivazione Mes al posto di nuove emissioni per la Repubblica per importo di euro 36 miliardi complessivi, sarebbe di 567 milioni di euro all’anno di interessi e su arco di finanziamento circa 5,7 miliardi di euro.

Veniamo al secondo punto: Francia, Irlanda, Portogallo e Spagna hanno dichiarato la loro intenzione di non fare ricorso al Mes perché la Francia ha debito della pubblica amministrazione molto più basso del nostro (ha appena superato il 100% del Pil) e, Irlanda, Portogallo e Spagna hanno messo in ordine le loro finanze pubbliche proprio grazie al Mes nel recente passato.

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