Ho visto da vicino la manifestazione della destra italiana svoltasi oggi nel centro di Roma, manifestazione nella quale è stata palpabile la differenza di atteggiamento (e di confidenza con la gente) delle tre componenti politiche.
Matteo Salvini è perfettamente a suo agio e tutto sommato contento del bagno di folla mentre Giorgia Meloni appare subito un po’ indispettita, forse preoccupata da un eccesso di assembramento nelle strade capace di fare perdere compostezza all’evento.
Antonio Tajani infine (un po’ come tutti quelli di FI) ha l’aria di quello che si chiede semplicemente “ma io che ci faccio qui?”, posizione plasticamente confermata da un tweet di sostanziale presa di distanze che Silvio Berlusconi pubblica alle 9.30 del mattino (quindi ben prima dell’inizio ufficiale) che recita testualmente: “dovevamo limitare al massimo il numero dei partecipanti per evitare assembramenti e non dare cattivi esempi. Non si può fare la predica e poi essere i primi a trasgredire”.
Questo diverso atteggiamento è importante perché ci dice molto sulla condizione (anche politica) della destra italiana, teoricamente racchiusa in una coalizione ma praticamente divisa su molti dei temi più importanti, a cominciare dal decisivo (domani ancor più che oggi) rapporto con l’Europa.
Detto ciò la manifestazione di oggi è un fatto politico non di secondo piano e molte delle reazioni indignate (a sinistra) sono viziate da pregiudizi vari, condizionate dalla paura di perdere consensi (e quindi potere) e figlie di una propensione malsana a contrastare “a prescindere” chi osa disturbare il manovratore.
Siccome però temo di non essere abbastanza chiaro, provo a dirla in un altro modo, rispondendo ad una semplice domanda, che è la seguente: “com’è la destra italiana?”.
Ebbene la mia risposta è in una parola: “sgangherata”.
È la sua natura profonda, esattamente come sgangherata è stata la manifestazione di oggi, così come sono sgangherate molte delle uscite sui temi più importanti e com’è la collocazione internazionale dei partiti che ne fanno parte, non a caso privi di credibili punti di riferimento (vedasi alla voce Le Pen), oppure discussi (vedasi alla voce Orban) o incoerenti (il Ppe per Berlusconi) con i partner.
Questa condizione è talmente prevalente da essersi manifestata già di prima mattina nella manifestazione di oggi, appuntamento nel quale tutte le regole di comportamento in chiave Covid-19 sono andate in frantumi in pochi minuti (anche se, per la verità, nemmeno al cimitero di Codogno le persone accorse per salutare il Capo dello Stato erano distanziate secondo le regole).
Ma c’è di più, perché oggi la piazza ha preso nettamente il tono di una dura protesta contro il governo ed il premier, altro che essere un momento di proposta come annunciato dagli organizzatori.
Ecco quindi che la condizione di realtà “sgangherata” è emersa assai bene nel corso della giornata, mostrando la destra italiana esattamente per quello che è.
Se però la finissi qui farei un grave errore di analisi, perché la situazione a destra non può essere giudicata “a prescindere” da tutto il resto.
Ed ecco allora che cambia (almeno in parte) la prospettiva se teniamo conto di almeno tre fattori.
Punto primo: la destra italiana è avanti a tutti da mesi nei sondaggi e, con eccezione del voto in Emilia Romagna, ha vinto in tutte le regioni in cui si è votato, comprese roccaforti della sinistra come l’Umbria.
Punto secondo: nei mesi a venire sarà difficile contenere gli effetti politici e sociali della crisi economica derivante della pandemia, per il semplice fatto che nessuno ha idea di come si sta con il Pil che perde 13 punti (scenario evocato dal governatore Visco pochi giorni fa) e con un milione di posti di lavoro persi (parole del Presidente di Confindustria Bonomi). Anche perché i formidabili piani di aiuto all’economia di stampo europeo sono tutti da verificare ed approvare (e comunque non saranno operativi prima della metà del prossimo anno).
Punto terzo la coalizione che regge il governo Conte è fragile e poco concludente, come dimostrano dossier importanti quali Alitalia, Ilva o Aspi, tutti temi che per ora hanno visto più annunci che decisioni.
Insomma la destra è quella che è, ma non può certo essere avversata con atteggiamenti paternalistici o liquidatori, come ci dimostreranno le elezioni regionali d’autunno (in Campania e Puglia in particolare).