L’11 giugno 2020 il Tar del Lazio ha pubblicato la sentenza relativa al ricorso di cui al registro generale 14481 /2019 con cui si condanna l’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) per aver negato l’accesso agli atti ad una centrale di committenza (Asmel Consortile con ca. 1500 comuni associati).
C’è da meravigliarsi che una chicca di questo tipo sia passata inosservata dai media italiani. Al di là della vicenda specifica (sembra che l’Anac abbia annunciato l’intenzione di ricorrere al Consiglio di Stato), non vogliamo lasciarci sfuggire l’occasione per porci un paio di domande sul ruolo dell’Anac e sulle sue modalità operative.
Da più parti è stato sostenuto che l’Anac sia responsabile, insieme all’ultima versione della normativa sui mercati pubblici (codice degli Appalti), del blocco dei lavori pubblici. L’argomento dovrebbe suscitare una attenzione tutta particolare in vista dell’ondata di investimenti pubblici che si annuncia come tentativo di ripartenza dopo il lockdown dovuto alla pandemia da coronavirus.
La corruzione è sicuramente un problema grave per l’Italia. L’authority anticorruzione è stata creata su suggerimento dell’Ocse. Qui dobbiamo innanzitutto chiederci se questo suggerimento è corretto. La autorità sono istituzioni caratteristiche di quegli Stati che hanno un sistema di tipo presidenziale, in cui la Pubblica amministrazione è uno strumento nelle mani del titolare del potere esecutivo. È uno strumento che si è sviluppato negli Usa (dove il carattere strumentale della Pubblica amministrazione nei confronti dell’esecutivo è emblematicamente evidenziato dallo strumento dello spoil system) e dalla Francia (dove l’amministrazione è costituzionalmente al servizio dell’esecutivo). In questi settings costituzionali la costruzione di istituzioni svincolate dalla “tutela” dei governi e vincolati solo alla legge (con eventuale obblighi di reporting ai parlamenti) ha una sua ragion d’essere. Diversa è la situazione nei sistemi parlamentai (come quello tedesco e quello italiano). In questi ultimi sistemi l’amministrazione non è chiamata ad eseguire le disposizioni dei vertici governativi; ci si aspetta da essa che dia autonomamente applicazione alle disposizioni di legge. Non c’è da meravigliarsi troppo per il fatto che l’Ocse raccomandi l’istituzione di authorities anticorruzione vista l’influenza prevalente della cultura statunitense all’Ocse. Qui va di sfuggita accennato che, per la prevenzione della corruzione, potrebbe essere più utile far riferimento ai suggerimenti del Consiglio d’Europa.
Le authorities in un setting istituzionale di tipo parlamentare sono dei veri e propri corpi estranei. Fanno eccezione alcune authorities nazionali che fanno riferimento alle istituzioni europee. La legislazione europea è messa in opera dalle amministrazioni degli Stati membri. In alcuni casi una rete di authorities che fa riferimento direttamente a Bruxelles può porsi efficacemente come un contro-altare alle resistenze nazionali (si pensi all’abbattimento delle barriere alla libera concorrenza, alla integrazione dei sistemi delle reti ferroviarie ecc.).
L’Anac non può fare riferimento a fari europei. La sua azione risulta pertanto necessariamente ambigua. Quale status giuridico deve essere riconosciuto alle linee guida che l’Anac emana a gettito continuo? Non ci si deve meravigliare se non raramente queste linee guida (soprattutto nella materia degli appalti) si scontrano con le disposizioni di legge e con i regolamenti emanati dai ministeri, creando confusione e blocchi operativi difficilmente superabili.
Che l’Anac si trovi ad operare in una situazione ambigua è evidenziato anche da certe sue linee guida. Qui penso all’obbligo imposto ad ogni amministrazione di mettere in piedi piani triennali anticorruzione. Qui è evidente che l’Anac non sa cosa concretamente fare per prevenire la corruzione. La cultura giuridica che caratterizza il suo personale la rende, eventualmente, competente su come reprimere fenomeni corruttivi, non su cosa fare per renderli di difficile realizzazione.
Sulla prevenzione alla corruzione sarebbe interessante raffrontare la struttura della norma Iso 3701 proprio dedicata alla certificazione di organizzazioni “corruption free” con il rationale che è possibile e facile leggere dietro le linee guida e le decisioni dell’Anac. La logica cui si ispira l’Anac è quella dei controlli e delle autorizzazioni preventive (è a queste autorizzazioni preventive che viene imputato il blocco dei lavori di ricostruzione nelle zone terremotate nell’Italia centrale nel 2016) che si materializzano in una firma del dirigente responsabile, firma indispensabile ad ogni piè sospinto. In questo modo il passaggio della firma del dirigente diventa un vero e proprio collo di bottiglia.
La logica della Iso 3701 è esattamente l’opposto. La 3701 richiede che vengano preventivamente codificati i processi che devono portare all’atto/decisione finale. Le firme richieste dalla Iso 3701 sono molte di più di quelle richieste dal metodo Anac. La Iso 37001 richiede che ogni funzionario che ha realizzato una qualunque microfase del processo apponga una firma. Firma che non ha un valore però autorizzativo, come la firma tipo Anac; ma un valore di assunzione di responsabilità. Nel sistema Iso 3701 il dirigente non deve firmare niente. Ma ogni funzionario firma la fetta di lavoro che ha fatto e di cui si assume la responsabilità. Le autorità di controllo non sono chiamate a controllare e ad autorizzare preventivamente. Le autorità di controllo intervengono in itinere o ex post per verificare se il processo è stato rispettato.
Il presidente Giuseppe Conte, in occasione della chiusura dei lavori dei cosiddetti Stati generali ha opportunamente affermato che bisogna reinventare l’Italia. Reinventare l’Italia significa certamente anche introdurre la logica del processo nelle nostre strutture pubbliche. In questo modo, non solo si ridurrebbe lo spazio per azioni corruttive, ma si realizzerebbe la mitica semplificazione amministrativa spesso invocata nel corso degli Stati generali.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo nota di Anac
La vicenda sollevata da Asmel riguarda l’accesso ad atti interni che l’Anac, con proprio Regolamento, ha sempre ritenuto riservati. Se l’orientamento del giudice amministrativo sarà confermato, l’Autorità si conformerà naturalmente a quanto stabilito. È ben lungi dall’Anac, dunque, avere finalità contrarie alla trasparenza, che ha sempre difeso e promosso, in linea con le finalità che la legge le attribuisce.