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Sahel, Libia e Difesa europea. Il colloquio tra Guerini e la francese Parly

Dal Sahel al Mediterraneo orientale, passando per la Libia e i programmi europei. L’Italia della Difesa cerca convergenze con la Francia, nonostante alcuni dossier industriali continuino a far discutere. A due giorni dalla visita romana del capo della diplomazia transalpina Jean-Yves Le Drian con Luigi Di Maio, è arrivata oggi la telefonata tra Lorenzo Guerini e l’omologa Florence Parly.

IL PUNTO SUL SAHEL

“L’Italia attribuisce importanza strategica alla regione del Sahel, le cui dinamiche si riflettono direttamente sulla regione mediterranea”, ha detto il ministro Guerini. “La Coalizione per il Sahel (idea francese, trasferita poi tra Ue e G5 Sahel, ndr) può essere certamente un consesso capace di sviluppare le necessarie sinergie tra le iniziative in atto”. Per l’Italia, ha aggiunto il ministro, “l’impegno nella regione attraverso la partecipazione a missioni Onu e Ue, oltre alla nostra missione bilaterale in Niger, è la concreta dimostrazione dell’interesse verso la stabilità della regione”.

IL PIANO DI GUERINI

In attesa dell’ufficialità del decreto missioni (approvato dal Consiglio dei ministri e diretto in Parlamento), sin dalla presentazione delle linee programmatiche del dicastero, Guerini aveva spiegato l’intenzione di potenziare la presenza nel Sahel, poi ulteriormente ribadita a metà gennaio di fronte le commissioni Difesa di Camera e Senato dopo l’uccisione del leader iraniano Qassem Soleimani. “Intendiamo incrementare la nostra presenza in Sahel, dove si assiste a una recrudescenza del terrorismo di matrice confessionale” con “effetti interconnessi fortemente allo scenario libico”, aveva detto Guerini.

L’INTESA CON PARIGI…

Ciò interessa molto la Francia. Da diversi mesi arrivano pressanti richieste da Parigi per avere supporto alla missione Barkhane, operativa in un’area grande quanto l’intera Europa con 4.500 militari francesi, a fronte di una crescente instabilità tra terrorismo jihadista e traffici illeciti. A fine gennaio, la telefonata tra Guerini e Parly notava “convergenza di vedute” in merito al Sahel e all’esigenza di rafforzare il quadro di sicurezza. A fine febbraio, andava in scena a Napoli il vertice Italia-Francia. Si confermava allora l’ipotesi di una sponda tra Roma e Parigi, con la Penisola a rispondere alle richieste francesi sul Sahel, e i transalpini ad agevolare le strategie italiane sulla Libia, offrendo un contesto utile all’emersione di quel “ruolo europeo” da tutti invocato per la crisi nordafricana nordafricane.

…E LA QUESTIONE LIBICA

E così, a fine marzo, dal Consiglio dell’Ue è arrivato il consenso necessario al lancio di una missione per garantire l’embargo in Libia. Al comando dell’ammiraglio Fabio Agostini, EuNavForMed-Irini è partita ufficialmente lo scorso 3 maggio, e oggi può contare sulla fregata francese Jean Bart, su quella greca Spetsai, su un ricognitore polacco, uno lussemburghese e uno tedesco. Per l’Italia, il ministro Luigi Di Maio ha parlato qualche settimana fa “un contingente di 500 unità, un’unità navale e tre mezzi aerei”, ma ancora mancano le necessarie precisazioni del decreto missioni (si sa comunque che la missione è prevista). “La piena operatività di Irini è un obiettivo da perseguire in tempi brevi – ha detto oggi Guerini all’omologa francese – per dare sostanza all’implementazione dell’embargo, in maniera pienamente equidistante tra le parti che si confrontano sul terreno”. Un punto su cui i due hanno concordato, in un momento delicato (e forse di svolta) per la questione libica.

IL MEDITERRANEO AL CENTRO

Guerini e Parly, spiega il ministero italiano, “hanno anche condiviso l’importanza della nomina, in tempi brevi, di un nuovo inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia”, dopo le dimissioni di marzo del libanese Ghassan Salamè (per le “troppe divisioni”) e la rinuncia al ruolo dell’algerino Ramtane Lamamra. Tra Italia e Francia ci sarebbe poi condivisione di vedute anche sulle acque calde del Mediterraneo orientale. Guerini e Parly hanno concordato sulla necessità di “mantenere alta l’attenzione, anche attraverso la presenza navale, a tutela del rispetto del diritto internazionale e degli specifici interessi nazionali nella regione, evitando qualsiasi atteggiamento escalatorio e mantenendo aperti i canali di dialogo con tutti gli attori coinvolti”, Grecia e Turchia comprese.

LA DIFESA EUROPEA

Nella telefonata si è parlato poi di Difesa europea. La scorsa settimana, con le colleghe di Germania e Spagna, Annegret Kramp-Karrenbauer e Margarita Robles, i due ministri hanno firmato una lettera dal forte valore politico diretta all’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell. Chiede alla Commissione e agli altri Paesi europei di tenere alto il livello d’ambizione sulla Difesa comune, partendo dalla cooperazione strutturata permanente (la Pesco), fino al Fondo europeo di Difesa (l’Edf), passando per gli altri strumenti ideati da Bruxelles. Nonostante i proclami, i segnali non sono incoraggianti: rispetto alla proposta di 13 miliardi di euro del giugno 2018, il nuovo prospetto sul bilancio pluriennale della Commissione targata Ursula von der Leyen ne prevede 8. Parly e Guerini hanno dunque ribadito che “la cooperazione europea nel settore della Difesa e sicurezza deve essere ambiziosa e, al contempo, concreta, anche attraverso il supporto dell’industria di settore, che può giocare un ruolo centrale quale precursore della ripresa economica”.

I TEMI INDUSTRIALI

Anche al di fuori del contesto dell’Ue, sono diversi i temi caldi tra Italia e Francia nel campo industriali. Ieri è arrivato il primo contratto per cinque progetti di ricerca e sviluppo a Naviris, la joint venture tra Fincantieri e la francese Naval Group, salutato con giubilo da entrambi i gruppi. Più divisivi i dossier sul carro armato del futuro e sul caccia di sesta generazione (qui un focus). Sul primo punto, infatti, il progetto franco-tedesco Mgcs ha chiuso la porta all’Italia, che pure avrebbe interessi e capacità industriali per partecipare. Sul caccia di sesta generazione la situazione è simile, con la differenze che Roma ha già aderito al programma lanciato da Londra, il Tempest.

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