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Così Salvini (non Zaia) può portare il centrodestra al governo. Parla Basini (Lega)

Più che un leghista doc, Giuseppe Basini ama definirsi “un vecchio e impenitente liberale”. Occhiali e baffi ben curati, completo giacca e cravatta mai sgualcito, il deputato della Lega è una vecchia conoscenza della politica italiana, anche se, ricorda sempre, fra le fila del Carroccio è un novizio. Fisico e studioso di primissimo ordine, con un cursus honorum che passa per la Nasa e il Cern di Ginevra, senatore di An a fine anni ‘90, Basini ha abbracciato la causa del Capitano Matteo Salvini nel vicino 2018, entrando a Montecitorio, lui, liberale, nella Lega che un tempo fu secessionista. Quel tempo è passato, assicura a Formiche.net. “Un mese fa Salvini ha dichiarato che la Lega deve costituire l’alternativa liberale, sembrava di sentire Malagodi. Poi, qualche giorno fa, ha citato Beccaria. Ne è passata di acqua sotto i ponti”.

Il vestito del liberale è quello che più calza questo centrodestra apparentemente diviso su tutto, dice Basini. Incalzato sull’alta tensione fra alleati nelle ultime settimane, l’ex An risponde con calma serafica. La scelta dei candidati alle regionali, per dirne una, non è stata una sconfitta per Salvini, assicura. “La Lega è il partito più forte della coalizione, e come tale ha lasciato agli alleati una giusta rappresentanza”. Certo, il nome dell’azzurro Stefano Caldoro in Campania suona proprio come una resa del Capitano, più ancora di Raffaele Fitto in Puglia, gli facciamo notare. “Ma no – chiosa lui – dicono sia una brava persona, un po’ scolorita forse, ma brava, e tanto basta. Se poi non è un personaggio alla De Luca è anche meglio, ormai lui è vittima di se stesso, se ogni volta non fa il guascone si sente male”.

C’è ben di più delle regionali nel calderone del centrodestra. Forza Italia farà o no la stampella del governo Conte bis qualora dovesse cadere? “No, non lo farà, e sapete perché?”, risponde l’onorevole, “perché Silvio Berlusconi ha una storia, ed è profondamente anticomunista”. Ma come, gli chiediamo, al governo ci sono i comunisti? “No, ci sono gli ex comunisti, i post-comunisti, i catto-comunisti, i social-comunisti”, ride di rimando il leghista.

Non c’è insomma il rischio di un “cuscinetto” azzurro, assicura. Ecco perché, forse, la Lega può continuare a rosicchiare uno alla volta i Cinque Stelle in bilico al Senato. Basini non conferma il mercato delle vacche ma neanche smentisce. “Non siamo noi, sono loro. Lo sfarinamento è tutto interno. Succede questo, quando non hai un minimo di affectio societatis. Hanno fatto tutto da soli: dopo aver perso la metà dei voti, hanno proposto la riduzione dei parlamentari, e ora qualcuno si domanda perché dovrebbe ubbidire. Dopo la senatrice Riccardi, ce ne potrebbero essere altri”.

Chiuso il capitolo regionali, apriamo il capitolo autonomia, e qui i dolori non sono da meno. Nelle ultime ore è andato in scena un duro botta e risposta fra il governatore (ricandidato) del Veneto Luca Zaia e la leader di FdI Giorgia Meloni. “Per come la vedo io, portiamo il discorso dell’autonomia alle estreme conseguenze. Lo Stato retrocede i poteri? Perfetto, lo facciano anche le regioni con comuni e province, vale anche per il Veneto. Non possiamo combattere il centralismo statale per creare un centralismo regionale”.

Basini, vecchia guardia liberale, ha le idee chiare: “Non sarò mai abbastanza grato a Salvini per aver trasformato un partito secessionista in un partito nazionale, credo che nessuno voglia perdere quanto acquisito”.

Sarà anche nazionale, gli facciamo notare, ma se i sondaggi non mentono sta perdendo colpi. “Anzitutto bisogna vedere se è vero, i sondaggi sono troppo diversi fra loro. Poi non dimentichiamo che la Lega non è più al governo”. Come con la Dc nel ’48, anche la Lega per mesi ha dato l’impressione di essere l’unico “voto utile. Se la linea Giorgetti, cioè la Lega come baluardo contro lo statalismo, prosegue nei prossimi mesi, recupereremo tutti i voti persi”, garantisce.

Quindi, insistiamo, può essere lui, Giancarlo Giorgetti, il prossimo leader del Carroccio? O Luca Zaia? “Per come la vedo io, il prossimo leader dopo Salvini sarà Salvini. Ha preso un partito al 3,6% e ha moltiplicato i voti per dieci, questo non si può cancellare”. Ci riproviamo: e se dovesse giocarsi un euro su chi fra Giorgetti e Zaia può ambire alla successione? “Se proprio devo, dico Giorgetti. Lui è il Giuseppe Tatarella della Lega. Zaia è un leader molto capace, lo ha dimostrato durante l’emergenza. Ma è profondamente identificato con la Lega del Nord, sul piano nazionale è tutta un’altra cosa”.

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