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Il vero banco di prova del governo sarà l’economia. Parla Sciorilli Borrelli (Ft)

La tenuta del governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte dipenderà solo in parte dall’assetto dei rapporti tra i partiti che compongono la maggioranza e dalle polemiche interne alle stesse forze politiche, di cui il botta e risposta di domenica tra Beppe Grillo e Alessandro Di Battista rappresenta l’ennesimo, seppur rilevante, esempio. A determinarne i destini saranno, invece, soprattutto i risultati economici, dopo la crisi causata dal coronavirus e dal relativo lockdown produttivo e con lo spettro di un autunno che si preannuncia caldissimo. Ne è convinta la corrispondente da Milano del Financial Times Silvia Sciorilli Borrelli secondo cui il governo, per rimanere in sella, dovrà dare rapidamente una risposta concreta alle tante questioni aperte, dalla cassa integrazione che non arriva alla sburocratizzazione necessaria a far ripartire l’economia: “In caso contrario, mi pare difficile che possa ambire a traghettare l’Italia fuori da quella che rappresenta la più grave crisi dal secondo dopoguerra a oggi”. Anche perché – ha sottolineato ancora Sciorilli Borrelli in questa conversazione con Formiche.net – in una situazione come questa “anche i leader più navigati, come Angela Merkel, hanno dimostrato di avere problemi”. E questo governo – ha aggiunto – “era già debole prima della pandemia, tendeva a tirare a campare su molti dossier”. E, in fondo, pare che sia ancora così: “Non si decide, si rimanda quasi tutto perché spesso c’è disaccordo. Ma di fronte a una crisi come questa non è possibile andare avanti con questo passo: ci vogliono risolutezza e risposte chiare”.

In quest’ottica anche gli Stati generali dell’economia a Villa Pamphili rispondono, a tuo avviso, a questa logica dilatoria?

A livello di annunci è tutto molto bello, poi bisognerà capire – come ha detto anche ieri alla Stampa Estera il presidente di Confindustria Carlo Bonomi – se saranno in grado di tradurli in fatti. Quando si parla di digitale, di infrastrutture, di green economy siamo tutti d’accordo e pure in Europa ci incoraggiamo a muoverci in questa direzione. Il nostro problema, come noto, è l’esecuzione.

Fuori dai confini italiani che idea si sono fatti di questa iniziativa convocata da Conte?

Credo che molti neanche si siano resi conto che in Italia si stanno svolgendo gli Stati generali dell’economia: non hanno capito di che cosa si tratta o, quantomeno, non li hanno interpretati come quell’evento fondamentale che viene, invece, descritto dal nostro governo. I messaggi dalle istituzioni europee arrivati nella giornata di apertura sono stati direi vaghi: non c’era certo bisogno degli Stati generali dell’economia per capire che così non possiamo andare avanti.

Tutto scontato?

Sono arrivati i soliti incoraggiamenti e le solite richieste di riforme che puntualmente, all’inizio di ogni semestre europeo, Bruxelles ci sprona a varare. È presto, però, per dire che tipo di vincoli queste richieste ci imporranno quando andremo a prendere i soldi del Recovery Fund.

Ma questa melina è tipica dell’Italia oppure anche gli altri Paesi europei nel post pandemia stanno vivendo situazioni simili? L’impressione è che da noi le cose vadano molto più a rilento.

Di sicuro in questa fase tutti i governi sono stati criticati a casa loro. È accaduto ad Angela Merkel in Germania, a Boris Johnson in Gran Bretagna, a Emmanuel Macron in Francia. Dall’esterno si tende a pensare che l’erba del vicino è più verde ma non sempre è completamente così. Certo, poi noi abbiamo un problema tutto nostro che prescinde dalla pandemia: non riusciamo a trasformare le chiacchiere in misure concrete. Pure durante la pandemia ci sono stati tantissimi annunci alla nazione e conferenze stampa su conferenze stampa, ma alla fine i soldi della cassa integrazione ancora non ci sono. I tedeschi o gli olandesi, com’è evidente, sono più efficienti.

Concetti espressi oggi in conferenza stampa anche da Bonomi, che mercoledì sarà agli Stati generali. Che ruolo sta giocando in questa fase Confindustria?

Bonomi ha uno stile molto diretto, non usa mezzi termini e parla senza filtri. Credo che in una fase come questa ci sia bisogno di un’associazione industriale che incalzi il governo invece di assecondarlo. Anche perché, con i soldi che arriveranno dall’Europa e con il maggior deficit che faremo, avremo la possibilità di approvare una serie di riforme per rafforzare il sistema economico italiano. È chiaro che il Paese non potrà ripartire senza ascoltare la voce delle imprese. La speranza è che il rinnovato protagonismo di Confindustria possa contribuire a ottenere qualche risultato concreto.

Intanto però il clima politico è tornato a surriscaldarsi soprattutto in casa Cinque Stelle, con la polemica tra Beppe Grillo e Alessandro Di Battista. Cosa sta succedendo?

Da quando si trova al governo il Movimento è molto cambiato, non è più quello che voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. Anche se poi resiste un’ala identitaria rappresentata, tra gli altri, da Di Battista. Molto dipenderà dalle decisioni di Conte che per ora, nonostante le notizie circolate in questi giorni, ha smentito di volersi creare un suo partito. Il sondaggio di Ipsos conferma che i destini dei Cinque Stelle sono fortemente collegati a quelli del premier.

Ma quanto potrà durare ancora questa situazione?

Credo che uno degli spartiacque fondamentali sarà rappresentato dall’ok al Mes che si dice potrebbe arrivare a luglio. Si tratterebbe dell’ultima mutazione dei Cinque Stelle che saluterebbero così in maniera definitiva le loro origini. Una decisione che non è escluso possa causare cambiamenti anche profondi nella composizione politica del Movimento.

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