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Stati generali. E ora si passi dalle parole ai fatti. Scrive Cazzola

“Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi’’, sosteneva Bertoldt Brecht. “E che non devono – aggiungiamo noi – diventare di cattivo umore ogni volta che si rendono conto di come la politica italiana entri in fibrillazione quando Alessandro Di Battista esterna il suo (non)pensiero, mentre è in corso la riunione dei c.d. Stati generali dell’economia. Da persone di mondo non ci scandalizziamo per l’iniziativa in sé; tutto sommato non è la prima volta che la classe politica nostrana si esibisce in effimeri giri di valzer con autorevoli ospiti stranieri, nella speranza di dimostrare, all’opinione pubblica, che siamo tenuti in adeguata considerazione. Salvo udire con le nostre orecchie che gli interlocutori europei, ci ascoltano volentieri, ma ci esortano a passare dalle parole ai fatti.

Lo stesso suggerimento è venuto dal governatore Ignazio Visco, che anche nelle sue Considerazioni finali svolte durante l’Assemblea dei partecipanti in Banca d’Italia, aveva indicato i punti di forza che potrebbero consentire all’Italia di ripartire. Sulla riunione degli Stati generali sono state espresse valutazioni – peraltro preventive e pregiudiziali – al limite dell’oltraggio. Non c’è dubbio però che l’iniziativa sia contemporaneamente prematura e fuori tema.

Prematura non solo perché il bazooka finanziario predisposto dall’Unione (Mes, Sure, Bei, Next  Generation Eu) non è ancora definito e deliberato compiutamente. E quindi, per ora, si rischia di fare i conti senza l’oste. Ma anche se i 172 miliardi promessi all’Italia arrivassero, uno sull’altro, domani, non sapremmo come spenderli, visto che non riusciamo neppure a spendere i 75 miliardi del nostro Piano congiunturale. Per non parlare delle decine di miliardi già disponibili e finanziati da anni per le infrastrutture e le opere pubbliche nei nostri bilanci.

Occorrono delle idee, dei programmi. Non basta dire riforma del fisco, innovazione, ambiente e green economy, semplificazione. Sono solo titoli che restano a galla come sugheri smarriti tra le onde. Ma c’è di più. Non esiste, in nessun luogo del mondo un gruppo di superesperti che – rinchiusi a pensare, come si vede nei film, in un bagno turco – escono con l’idea geniale che risolve ogni problema.

Come ha detto Visco, a commento degli interventi tempestivi della Bce e delle istituzioni europee, vi è un comune ed ineluttabile destino dell’Unione in un contesto internazionale in cui l’economia rischia di rinchiudersi in una letale quarantena protezionistica. È a livello sovranazionale che va ricercato e prodotto un “pensiero” che ci conduca alla ricostruzione di un largo mercato orientato a nuove produzioni e alla riconversione di quelle che costituiscono l’ossatura dell’apparato produttivo di ciascun Paese. Sono processi, questi, che si sviluppano con tempi adeguati, misurandosi sulle trasformazioni necessarie nella tecnologia, nei prodotti e nel capitale umano. Oggi tutti i Paesi hanno destinato le loro risorse a formulare dei piani di carattere congiunturale allo scopo di fornire liquidità alle famiglie, alle imprese e alle istituzioni territoriali. Occorre concentrarsi sulla politica della transizione, per rimettere in moto la macchina affinché sia preparata al salto di qualità verso un quadro di nuove convenienze. Ecco perché la giornata di oggi potrebbe essere quella più interessante per salvare il convegno di Villa Doria-Pamphilj dall’inutilità.

Vittorio Colao presenta il suo Piano che non ha alcun’ambizione divinatoria, ma contiene – siano esse condivisibili o no – delle proposte concrete, alcune delle quali utili alle imprese in questa fase di transizione. Nello stesso tempo è suggerita la soppressione e la modifica di  talune misure in vigore, che provocano solo danni.

A dibattere sul Piano Colao ci sono le forze economiche e sociali, anch’esse  orientate  – ci auguriamo – alla concretezza. Intanto è in corso la conversione del decreto Rilancio che potrebbe ospitare alcune di quelle proposte.



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