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Caso Fremm-Egitto, meno propaganda più strategia. L’appello di Urso (FdI)

Non si tratta di fare melina, né di decidere al buio. Sulla vicenda delle due fregate Fremm di Fincantieri all’Egitto serve semplicemente chiarezza. Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir, lo dice senza mezzi termini: “Invece che determinarli, siamo in balia degli eventi, come dimostra la vicenda libica – dice a Formiche.net – le posizioni contraddittorie espresse da membri del governo o da alte cariche istituzionali con atteggiamenti difformi e spesso contrastanti non aiutano affatto né a fare giustizia, doverosa, sull’assassinio di Giulio Regeni, né a ristabilire la presenza e l’influenza italiana nella Regione. Insomma, rischiamo di apparire deboli e divisi su ogni dossier e di conseguenza ininfluenti, peggio inaffidabili”.

Il caso delle navi Fincantieri è tornato al centro dell’agenda politica con una lettera del segretario del Pd Nicola Zingaretti affidata a Repubblica in cui ha messo in guardia dal “possibile osceno scambio tra vendita di armi e diritti umani”. “Non si può dire sì o no alla vendita delle fregate né legarle solo alla verità su Regeni, per quanto importante essa sia e sulla quale non possiamo assolutamente mollare, senza definire prima quale sia il nostro interesse nazionale e la nostra postura nel Mediterraneo e nel Grande Medio Oriente a fronte dei grandi mutuamenti in atto – è invece la versione di Urso.

Manca una visione strategica, dice Urso, non da oggi. “Non addosso tutte le responsabilità alla Farnesina, è verosimile che il danno sia stato fatto in passato. Troppi interlocutori istituzionali, troppe voci difformi in questi anni non hanno aiutato né a fare giustizia, doverosa, sull’assassinio di Regeni, né a ristabilire la presenza e l’influenza italiana nella Regione”. La priorità, dice il senatore, è “capire quale debba essere il rapporto con l’Egitto e quali siano le richieste da fare al governo di Al Sisi, altrimenti si ondeggia, con continui stop and go, a seconda se prevalgono gli interessi di una azienda energetica o militare o le emozioni dell’opinione pubblica giustamente ferita dalla tragedia del nostro giovane ricercatore”.

Non è con gli ultimatum, né tanto meno con le sortite pubblicitarie che si otterrà la verità sulla vicenda di Regeni, spiega il numero due del Copasir. “Diciamo la verità al Paese sulla necessità di un rapporto forte con l’Egitto, se vogliamo essere credibili anche nell’esigere verità dall’Egitto”. Peraltro, aggiunge, “oggi forse possiamo ottenere l’una e l’altra cosa proprio perché l’Egitto è in grande difficoltà, avendo scommesso tutto su Haftar e temendo più di ogni altra cosa l’Islam politico a leadership turca ai propri confini. Abbiamo lo stesso interesse, arginare la visione imperiale di Erdogan in Libia come nel Mediterraneo Orientale, ma anche in Siria come nel Balcani. Ma per fare questo ci vuole un governo che sappia cosa voglia e che si muova all’unisono e che parli con chiarezza in Parlamento e nel Paese. Non si fugge dai problemi e non si lascia che siano gli altri o gli avvenimenti a decidere, come si è fatto in modo peraltro palese in Libia o persino in qualche modo nel caso Regeni”.

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