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La guerra Usa-Cina all’Onu. Primo punto per Trump, in attesa del Wto…

La crisi sanitaria ed economica del Covid-19 sembra aver messo in discussione il sistema multilaterale. Basti pensare alla decisione degli Stati Uniti di porre fine ai rapporti con l’Organizzazione mondiale della sanità (di cui sono di gran lunga i maggiori finanziatori a livello mondiale), accusata di essere “sottomessa” alla Cina. Ma guardando oltre gli annunci dal sapore un po’ elettorale di Donald Trump si scorge una presa di coscienza a Washington circa l’influenza acquisita negli ultimi anni da Pechino sull’universo onusiano.

Come riporta l’Agenzia Nova, siamo di fronte a una vera e proprio controffensiva statunitense nei confronti della Cina all’interno del Palazzo di Vetro. Un’operazione, scrive l’agenzia, “voluta dal presidente Donald Trump dopo anni in cui, a fronte dell’immobilismo di un’amministrazione Usa allergica al multilateralismo e ai consessi internazionali, la Repubblica popolare è stata protagonista di una formidabile scalata ai vertici dell’universo onusiano”. Nelle ultime ore gli Stati Uniti hanno incassato un importante successo diplomatico in questo senso: 

COLPO GROSSO AL CONSIGLIO DI SICUREZZA

Questa settimana si sono tenute le elezioni per scegliere i nuovi membri non permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (di cui la Cina è membro permanente e in quanto tale ha diritto di veto). I cinque Paesi vincitori — Kenya, India, Irlanda, Messico e Norvegia — godono tutti dell’appoggio degli Stati Uniti e la nuova composizione del Consiglio potrebbe favorire gli sforzi di Washington per contenere l’influenza di Pechino. 

Il trofeo che Washington può esporre con vanto riguarda l’ultimo ballottaggio, quello tra il Kenya e l’altro candidato africano, Gibuti. Il primo (tradizionalmente legato al Regno Unito e sostenitore di una linea molti vicina a quella degli Stati Uniti fortemente anticinese) ha battuto il secondo (Paesi fondamentale per gli interessi cinesi nell’Africa orientale e in cui si trova la prima base militare all’estero mai realizzata da Pechino) per 191 voti a 129. Il Kenya si sta, infatti, ritagliando un importante ruolo come alleato africano degli Stati Uniti. Basti pensare che nel febbraio scorso, in occasione di una visita ufficiale del presidente Uhuru Kenyatta alla Casa Bianca, i due Paesi hanno concordato di avviare colloqui formali per un patto commerciale bilaterale volto a contrastare l’espansione degli investimenti cinesi nel continente (l’intesa potrebbe però subire rallentamenti a causa del Covid-19).

L’altro nuovo membro non permanente che rappresenta un vantaggio per gli Stati Uniti è l’India che, come raccontato da Formiche.net, è sempre più ai ferri corti con la Cina. Una situazione che potrebbe spingerla verso Occidente. Basti pensare che il presidente statunitense Trump starebbe ragionando attorno all’idea di di un nuovo formato G11 (allargato anche ad altri partner in funzione anticinese, quali Corea del Sud e Australia, oltre alla Russia).

IL RISVEGLIO SULLE AGENZIE…

A marzo gli Stati Uniti aveva ottenuto un’importante vittoria diplomatica: sono riusciti a evitare che la Cina conquistasse anche la guida della Wipo, l’agenzia Onu per la proprietà intellettuale. Come raccontavamo allora su Formiche.net, Washington era riuscita a fare squadra con i Paesi europei – cosa non successa l’anno scorso per la Fao — per far eleggere nuovo direttore generale dell’ente dei brevetti Daren Tang, candidato di Singapore.

Pechino rimane comunque un’eccezione: nessun membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite controlla più di una delle 15 agenzie. Pechino fa molto di più, ne controlla quattro: l’Unido, che si occupa di sviluppo industriale; l’Itu, l’organismo per le telecomunicazioni sempre piuttosto morbido su Huawei; l’Icao, l’ente dell’aviazione civile protagonista nei giorni dell’esplosione dell’epidemia Covid-19 per le sue politiche anti Taiwan; la Fao, competente su cibo e agricoltura con sede a Roma.

… IN VISTA DEL 2021

Intervistato da Formiche.net, Richard Gowan, UN Director dell’International Crisis Group, spiegava: “Da qualche tempo l’amministrazione Trump stava mettendo in guardia dall’influenza crescente della Cina alle Nazioni Unite ma fino a questa settimana Pechino sembrava essere ancora in ascesa”. E ancora: “Non penso che il presidente Trump si sia innamorato delle Nazioni Unite! Questa amministrazione rimane molte scettica verso l’approccio multilaterale. Ma penso che il team di Trump abbia realizzato che se non si fosse mossa con maggior decisione per contrastare l’ascesa della Cina, Pechino avrebbe molto semplicemente preso il controllo del sistema delle Nazioni Unite pezzo per pezzo. Sono convinto che stiamo entrando in un periodo in cui Cina e Stati Uniti si sfideranno per il controllo delle agenzie delle Nazioni Unite. Stiamo anche assistendo a crescenti tensioni tra Cina e Occidente al Consiglio di sicurezza, in particolare sullo Xinjiang”. 

L’anno prossimo scadranno due segretari generali cinesi: in estate Fang Liu dell’Icao e in autunno Li Yong dell’Unido. Ma prima ci saranno le elezioni per il nuovo direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio, dopo le dimissioni (con un anno di anticipo) del brasiliano Roberto Azevedo: “un’opportunità per gli Stati Uniti, l’Unione europea e le altre nazioni per ridisegnare l’organizzazione”, nota Bloomberg.

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