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L’Italia e il virus della disinformazione tra Mosca e Pechino. Il punto di Luciolli e Farinelli

Di Francesco Farinelli e Fabrizio W. Luciolli

Dalla Cina del V a.C., a quella odierna di Xi Jinping, il tentativo di minare la coesione delle alleanze avversarie per aumentare il proprio potere sembra essere una prassi mai abbandonata. Il trattato di strategia militare attribuito al generale cinese Sun Tzu (VI-V sec. a.c.), affermava che “il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento, ma bensì sottomettere il nemico senza combattere”. L’attacco diretto all’esercito nemico costituisce l’ultima opzione della suprema arte militare. Ben prima di questo, occorre invece insidiare le “altrui strategie” e procedere alla “rottura delle altrui alleanze”.

Nel corso della storia, tale strategia è stata utilizzata da diversi attori statuali (e non) nell’ambito della guerra dell’informazione, avvalendosi di astuzie fuorvianti, insinuazioni e informazioni false disseminate scientemente per indebolire i propri nemici. Durante il secondo conflitto mondiale, i servizi d’intelligence tedeschi disseminarono notizie false tra i soldati francesi circa le loro consorti, accusate di essersi date alla prostituzione o di avere contratto malattie veneree. Nel contesto della Guerra fredda, il Kgb ha fatto largo ricorso alla “dezinformatsiya” ai danni del Patto Atlantico e dei Paesi aderenti alla Nato.

Secondo la recente relazione del Copasir, durante la pandemia da Covid-19, Cina e Russia hanno contribuito alla diffusione di informazioni false volte a destabilizzare l’Italia, anche a livello euro-atlantico. Un tentativo confermato pure dal report della vicepresidente della Commissione europea Vera Jourová e dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell. L’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarava già a febbraio come allo stato di pandemia si fosse affiancata un’infodemia. Un esempio è dato dalla “geopolitica degli aiuti” che ha visto Russia, Cina e Cuba esaltare i rispettivi ruoli di benefattori a discapito dell’Unione europea e degli Stati Uniti, le cui azioni di risposta alla crisi sono state messe in ombra da una significativa attività di disinformazione on line. Tra queste, le attività svolte dai cosiddetti “social bots”, account fittizi e automatizzati che servono a diffondere nel web messaggi di supporto a una precisa linea politica o ideologica.

Un’inchiesta condotta per Formiche.net e acquisita dal Copasir, ha rivelato come quasi la metà dei post pubblicati su Twitter tra l’11 e il 23 marzo scorso con l’hashtag #forzaCinaeItalia fosse originata da account fittizi usati come cassa di risonanza mediatica. Esemplare, inoltre, in tema di “active measures disinformative”, il tweet della portavoce del ministro degli Esteri cinese contenente un video di italiani che applaudivano al personale medico-sanitario dai loro balconi. Un video al quale, prima di essere diffuso, è stato aggiunto l’inno cinese in sottofondo e una voce urlante “Grazie Cina” non presenti nella versione originale. Altre note fakenews filocinesi hanno tentato di spostare l’origine del virus da Wuhan ad alcuni laboratori americani e alla stessa Italia, o hanno suggerito che Bill Gates fosse il finanziatore occulto di tale virus.

La Russia di Vladimir Putin, guidata soprattutto da una logica antiamericana e anti-Unione europea, ha avviato anch’essa una significativa campagna di disinformazione, volta soprattutto a creare un clima di sfiducia nella risposta europea alla crisi e, in generale, a minare la coesione tra partner euro-atlantici. In Italia i riferimenti più espliciti di tale attività si sono rivolti a questioni di ordine pubblico e al tema delle migrazioni ma anche alla esercitazione Nato Defender Europe 20, definita come “la strada mortale del Coronavirus in Europa”, prospettiva pubblicizzata da alcuni media russi accanto alla falsa notizia riferita alla base di Vicenza: base definita fuori controllo per l’epidemia dal politologo russo Vladimir Vyachich. Il percorso dei mezzi militari corazzati russi da Pratica di Mare a Bergamo ha, inoltre, indubbiamente rappresentato una campagna propagandistica per la Russia di Putin e per la sua missione in Italia “From Russia with Love”.

Ad avvicinare Cina e Russia, storicamente in competizione, non è solo l’anti-americanismo e gli ovvi interessi economici ma anche il desiderio di dipingere le democrazie liberali occidentali come inadatte a gestire delle crisi come quella pandemica legata al Coronavirus. Xi Jinping vuole dimostrare la superiorità del modello comunista e nazionalista cinese non tanto per una questione ideologica quanto, piuttosto, per una questione egemonica. Vladimir Putin non ha mai nascosto il suo pensiero circa le società liberali, definite obsolete e inadeguate a rispondere alle esigenze del nostro tempo.

La crisi legata al Coronavirus è anche questo: una nuova e più subdola contrapposizione tra due concezioni diverse: da un lato, i valori liberal democratici occidentali, dall’altro i regimi autoritari che tentano di estendere il loro potere attraverso campagne di disinformazione che minano a erodere i fondamenti delle società libere e democratiche occidentali, rappresentando la pandemia come una debolezza dei sistemi democratici. Non è solo un’emergenza sanitaria. Sono aspetti che impattano direttamente sulla sicurezza nazionale e la stabilità internazionale.

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