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5G? Meglio europeo che cinese. Parola di Dieni (M5S)

In medio stat virtus. Nella guerra tutta interna alla maggioranza sul 5G, c’è anche chi dice la sua, con buona pace delle direttive di partito. Come Federica Dieni, che è deputata del Movimento Cinque Stelle, ma anche membro del Copasir, il comitato bipartisan di raccordo con l’intelligence che a dicembre ha lanciato un alert nettissimo: via le aziende cinesi dalla rete 5G.

Ecco, Dieni, ripartiamo da qui. Quel documento lo ha firmato anche lei, eppure il suo partito sembra pensarla diversamente.

Abbiamo lanciato un messaggio chiaro come comitato, con una relazione trasmessa al Parlamento mesi fa, in cui sono stati analizzati i rischi per la sicurezza del 5G se l’infrastruttura di rete viene affidata ad aziende cinesi.

E il governo ha risposto?

Al momento non abbiamo avuto riscontri effettivi. Sembrerebbe tutto  fermo, e la golden power non è stata ancora esercitata. Questo è quanto.

Ma sono tecnicismi o la politica deve occuparsene? Gli Stati Uniti bussano alla porta.

Sicuramente una decisione deve essere presa a livello politico, mi auguro che il governo tenga conto dei moniti del Copasir e anteponga la sicurezza nazionale. Sono convinta che si trovi un punto di incontro.

Dove?

A metà strada fra Washington e Pechino, cioè a Bruxelles. Mi spiego: non dobbiamo essere assoggettati né agli americani né ai cinesi. Qui c’è in ballo la sicurezza delle reti, e ci si può lavorare insieme ai partner dell’Ue.

Mi faccia capire: un 5G europeo?

Perché no. Ovviamente ha un costo, ma il tempismo può aiutare. Sono in arrivo miliardi di euro in fondi per la ripresa dall’Ue, si può e credo si debba trovare una soluzione più vicina a noi per il 5G. Aspettiamo che si pronuncino la politica e i tecnici per trovare una via di mezzo intelligente.

Dieni, il 5G non è l’unico pomo della discordia in casa rossogialla. Ora si aggiunge anche il caso Autostrade a Genova. Chi deve gestire quel ponte?

La cosa più normale mi sembra sia valutare i danni prodotti dalla gestione privata della cosa pubblica da parte di Autostrade, e valutare se non sia opportuno riportare nelle mani dello Stato i beni pubblici. Dovrebbero servire all’interesse collettivo, non solo a fare utile. Mi auguro che il Cdm prenda presto una decisione.

Capitolo Mes. Il Movimento non lo vuole, il Pd sì. Anche qui, il governo qualcosa deve decidere.

Inutile decidere al buio. Prima bisogna leggere bene le carte. Il presidente Conte ora sta negoziando il Next Generation Eu, poi si aprirà il capitolo Mes. La fretta è cattiva consigliera, soprattutto quando si rischia di lasciare montagne di debito in eredità ai nostri figli e nipoti.

A settembre le regionali. Ci sono o no i presupposti per presentarsi a braccetto con i dem?

Non bisogna essere pregiudizialmente contro, ma dobbiamo anche tenere conto della volontà degli elettori, capire cosa vuole il territorio. Ci sono realtà dove questa intesa non si può realizzare.

Ad esempio?

Penso alla Campania, dove un’alleanza è davvero improponibile. O ancora alla Puglia, dove i nostri elettori non ne vogliono sentir parlare.

Decide Rousseau?

Decide anche Rousseau, il suo giudizio è secondario. Prima si devono ascoltare i portavoce dei territori, fare una valutazione preliminare,

Dopo gli Stati generali di Conte a Villa Pamphili, ora è il turno degli Stati generali del Movimento. Un’occasione per dire addio all’esperienza del capo politico unico?

Non ho verità in tasca. Sicuramente questa esperienza ha dimostrato limiti sotto il profilo della gestione, non ci si può occupare di tutto insieme. La cosa migliore sarebbe tener conto delle varie sensibilità che compongono il Movimento. Un direttorio.

Romano Prodi vorrebbe celebrare le nozze fra governo e Berlusconi. Voi che dite?

Mi sono avvicinata alla politica proprio perché mi sentivo lontana dal mondo di Berlusconi, a sentire certe idee mi si accappona la pelle. Per fortuna Prodi non è in Parlamento, né ha incarichi di partito. Un’uscita personale dunque, che lascia il tempo che trova.

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