Sulla terra siamo in 7,6 miliardi di esseri umani. Nel 2050 saremo – stando alle stime – quasi 10 miliardi. Siamo tutti affamati, alcuni troppo, anche senza bisogno. Tanto che l’obesità è una patologia diffusa da cui derivano ulteriori malattie con conseguenti costi per il sistema sanitario. Tutti vogliamo prosperare. Per farlo ci serviamo delle risorse della terra che però, dati alla mano, non sembrano essere sufficienti. Investiamo sull’innovazione con risultati eccezionali, ma non bastano. La conclusione è che siamo in troppi rispetto alle potenzialità dei territori.
Tuttavia, analisi più recenti che si spingono oltre il 2050, predicono una riduzione della popolazione. Esattamente quello che sta succedendo, drammaticamente, in Italia, in Giappone, e in altri paesi. Siamo, ancora una volta, precursori di fenomeni sociali.
Se oggi siamo troppi, in futuro rischiamo di essere pochi, percentualmente più anziani. Una popolazione giovane e in crescita (non è il caso dell’Italia) è un segnale importante di vitalità, di propensione allo sviluppo e all’innovazione, ma anche di maggiori e migliori risorse per lo stato sociale e le pensioni dei più anziani.
L’inversione di tendenza – fa eccezione l’Africa – ridurrebbe il numero degli occupati e conseguentemente potrebbero ridursi le risorse designabili a chi è uscito dal mercato del lavoro (il costo dello stato sociale travalica quello delle pensioni).
Noi italiani ed europei dovremmo fare una riflessione circa gli scenari che potrebbero conseguire da questo radicale – drammatico – cambiamento:
– Dovremmo ridurre lo stato sociale e i consumi, rinunciando al benessere raggiunto?
– L’automazione, l’intelligenza artificiale e i robot, sopperiranno all’indebolimento del mercato del lavoro? Non avremmo più bisogno di lavoro tradizionale, di fatto;
– Dovremo favorire l’immigrazione economica dall’Africa e dai pochi paesi che continueranno a fare figli? Ma avranno ancora bisogno di noi?
A queste domande per il momento, non abbiamo risposte. Intanto però, nella struttura del sistema sociale italiano, si sta profilando il problema rovesciato. La tendenza al diminuire le risorse disponibili per gli anziani, perché c’è la tendenza a ridurre il periodo di età lavorativa. Purtroppo solo alcuni di noi si preoccupano di affrontare la questione e chiedere un prolungamento dell’età pensionabile. Senza successo. La maggior parte, continua a chiedere di accorciare l’età pensionabile – Quota 100, per esempio.
La popolazione mondiale continuerà a crescere ma in pochi paesi, soprattutto in Africa, mentre già diminuisce altrove – Italia, per esempio. Entro il 2100, proseguendo la deriva attuale, la popolazione dei paesi più poveri del mondo sarà più che triplicata, da 954 milioni del 2015 a 3,5 miliardi.
In gran parte a causa dell’Africa, si prevede che la popolazione globale continuerà a crescere nel corso degli ultimi 11 miliardi di secolo. Ma secondo i dati delle Nazioni Unite, c’è una probabilità del 23% che la popolazione mondiale si stabilizzi o cada da allora in un fenomeno che alcuni demografi chiamano “picco umano”. Senza immigrazione, entro il 2050, 48 paesi avranno meno popolazione di oggi. In Italia il tasso di fertilità scende di anno in anno, e non da alcun timido segnale di ripresa.
Tranne l’Africa, entro il 2050 circa un quarto della popolazione mondiale avrà più di 60 anni. Nel 2100 saranno 3,2 miliardi. Entro il 2080, quelli di età pari o superiore a 65 anni saranno il 29,1% della popolazione mondiale – e il 12,7% avrà più di 80 anni (Eurostat).
La cifra più preoccupante: il mondo non avrà abbastanza persone in età lavorativa in grado di dare allo stato sociale risorse sufficienti per sostenere gli anziani. Attualmente, il Nord America ha poco meno di quattro lavoratori per pensionato. Sette paesi europei – tra cui l’Italia – ne hanno tre, il Giappone ne ha poco più di due.
Entro il 2050, 7 paesi asiatici, 24 europei e 4 latinoamericani scenderanno al di sotto di due lavoratori per pensionato (Onu).
Con meno abitanti il pianeta soffrirà di meno, forse. Serviranno meno risorse naturali. Ma chi lavorerà per dare allo stato sociale abbastanza risorse per assistere i più anziani? Il sistema pensionistico nazionale si è dimostrato insostenibile perché lo Stato ha male amministrato le risorse riservate alle pensioni invece di tutelarle e capitalizzarle (pubblico e privato), preferendogli , fino a non molti anni fa (ancora con strascichi), il sistema sciagurato delle ripartizioni. Perciò, sono i giovani a dover pagare rinunciando al loro welfare e ai loro investimenti. Ma se aumentano gli anziani e diminuiscono i giovani, cosa succederà?
Provare a rispondere non è lungimirante, è urgente.