Oltre ad essere quotata in Borsa tramite Atlantia, la società Autostrade gestisce 3020 chilometri di rete e lo fa operando con 6 società concessionarie. Ha impegnati 25 miliardi di investimento che danno lavoro (con le collegate) a 7.350 persone oltre ad avere un reparto di progettazione e ricerca e sviluppo che le consentono di essere leader mondiale in progettazione e primo operatore e leader mondiale nello sviluppo e nell’implementazione di tecnologie per il pedaggiamento, il controllo e la sicurezza della viabilità. Nonostante i numeri enfatici la rete autostradale risulta in gran parte vetusta e necessita di radicali interventi di manutenzione e di innovazione.
Una riflessione importante è quella che Autostrade in questi oltre 20 anni ha accumulato un know how altissimo che spesso, dati alla mano, risulta tra i più performanti al mondo. Manager operativi, impiegati e operai risultano essere tra i migliori e, in modo o in un altro, questo dovrebbe essere sempre tenuto in considerazione, qualsiasi sia la scelta che il governo intenderà adottare ed al di la delle scelte scellerate del general management.
Ad oggi la tragedia del ponte Morandi, con il crollo, evento drammatico dal quale è partito tutto è ancora in costruzione e diversi tratti di competenza di Autostrade sono, proprio in questi giorni, alle prese con forti disagi (la parte ligure e quella abruzzese). Inoltre, il Consiglio di Stato ha dato ragione a Mit per quel che riguarda la questione dell’appalto della ricostruzione del ponte di Genova non assegnato alla stessa Autostrade. Continuano le indagini e cominciano ad emergere anche i primi nomi sulla responsabilità di alcuni dirigenti.
Nonostante la situazione drammatica, sulla spinta del presidente Conte arriva sul tavolo del Consiglio dei ministri la proposta che, nelle intenzioni, è quella di poter accontentare tutti. I numeri non sono banali. Ci sono in gioco nella proposta 3,4 miliardi a titolo di risarcimento per il crollo del ponte Morandi, la rinuncia a qualsiasi contenzioso, la riduzione delle tariffe, investimenti fino a 14,5 miliardi fino al 2038 su tutta la rete autostradale e la disponibilità di scendere con le quote azionarie anche oltre il 30%.
Avendo cristallizzato la situazione nella sua composizione fondamentale il quadro non appare di difficile interpretazione ed essendo queste le carte sul tavolo si possano ipotizzare vari scenari.
Il primo scenario. Accettare la proposta di Autostrade rimodulando per intero la concessione che così come è stata presentata non soddisfa il governo. Lo Stato diventerebbe così l’azionista di maggioranza e l’organizzazione (quella operativa) sarebbe salva andando ad azzerare tutta l’alta dirigenza e, ricostruendo l’organigramma, si aprirebbe alla possibilità di inserire commissari che si occuperanno della gestione straordinaria e del controllo.
Il secondo. Non accettare la proposta di Aspi facendo sì che lo Stato diventi socio unico in stile Anas (che risponde al Mef con gestione del Mit), con l’ingresso magari di qualche soggetto privato,. A questo punto sarebbe molto probabile che Autostrade, per tutelare i propri azionisti, apra un contenzioso e che con il passare del tempo, potrebbe averla vinta e lo Stato così si ritroverebbe con un debito risarcitorio altissimo si stima circa di 10 miliardi di euro.
C’è da dire che il presidente del Consiglio ha recentemente affermato che sono state prese tutte le precauzioni del caso affinché, in caso di contenzioso, lo Stato non soccomba. Questa sarebbe la scelta più difficile da percorrere in quanto il governo (nella figura di qualche ministero e di Cdp) si ritroverebbe a gestire, anche attraverso un general management completamente nuovo, uomini e risorse che non fanno più parte del Dna dei ministeri.
Il terzo. Questo scenario è meramente di mediazione politica ed è nelle corde (almeno ha dimostrato questo fin ora) del Presidente Conte, ovvero quello di prendere tempo e rimandare la decisione a quando magari usciremo dall’emergenza Covid-19 o magari fino a quando la magistratura non arriverà ad una condanna definitiva scaricando così l’eventuale estromissione dalla concessione come conseguenza di una sentenza, avvantaggiandosi così nei confronti di un eventuale contenzioso.
Qualsiasi siano gli scenari ai quali andremo incontro bisogna tener presente sempre e comunque che al centro di tutto il dibattito ci sono gli utenti finali, cioè coloro che quotidianamente percorrono le autostrade italiane e che dovranno farlo in sicurezza ed a fronte di un congruo pedaggio. La paralisi del traffico sulle autostrade liguri e abruzzesi di questi giorni è foriera del fatto che la rete è vetusta e in un modo o in un altro va ammodernata non recando danni ai cittadini.
Inoltre, se revoca sarà e si appronterà un modello “stile” Anas, come mai ad Aspi tutta questa attenzione mentre invece ad Anas viene riservato un trattamento molto più blando (anche i ponti Anas crollano)? Una riforma strutturale dell’organizzazione, è innegabile, va fatta anche li.
Quali saranno i modelli di sviluppo che dovranno tendere, gioco forza, a conservare tutto il know-how di autostrade?
Il gioco del poltronificio è sempre in agguato. Infine, è innegabile che il piatto sia molto ricco, ma Autostrade si è accollata l’onere di mantenere e sviluppare una rete vetusta a fronte di guadagni alti (anche troppo). Estromettendola dal tutto non sarebbe un po’ come levarle le castagne dal fuoco? Probabilmente le pene di carattere economico o di stampo giuridico non potranno mai compensare quella di essere obbligati a rimodernare tutto e a prezzi congrui.