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Basta unilateralismo, puntiamo sulla diplomazia. Il messaggio di Zarif all’Ispi

L’ambito era quello di rilievo assoluto dei Virtual MED Dialogues promossi dalla Farnesina e organizzati dall’Ispi; il moderatore il direttore del think tank italiano, Paolo Magri; l’interlocutore un ospite di altissimo livello come il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif. Attore centrale della politica di Teheran, ex ambasciatore alle Nazioni Unite, poi negoziatore per il Jcpoa (l’accordo sul nucleare stretto nel 2015 da capo della diplomazia della Repubblica islamica).

UNILATERALISMO, IL SECONDO VIRUS DA SCONFIGGERE

Zarif è l’elemento di spicco dei due ultimi governi dei pragmatici creati dal presidente Hassan Rouhani, raffinato conoscitore delle dinamiche internazionali, ha esordito con una frase da appuntarsi: “Al giorno d’oggi subiamo due virus: uno è il Covid (di cui il suo paese subisce l’aggressione epidemiologica in modo severo, pur fornendo dati probabilmente minimizzati ndr), l’altro è l’unilateralismo”. Il riferimento in questo caso è chiaramente agli Stati Uniti, che nel maggio 2018, per volontà dichiarata dal presidente Trump già ai tempi della campagna elettorale, hanno deciso di lasciare unilateralmente l’accordo Jcpoa – costruito dal sistema multilaterale noto come “5+1”.

ISRAELE E PALESTINA, LE ANNESSIONI 

Il direttore Magri conduce la discussione passando attraverso svariati temi caldi, e invita Zarif – con garbo – a risposte su questioni delicate. Come l’annessione israeliana dei territori occupati, che il ministro solitamente non considera un aspetto centrale (come detto, il suo è un approccio pragmatico alla realtà) e risponde solo se sollecitato dall’audience, come in questo caso. L’annessione (che il nuovo governo ha temporaneamente stoppato, ndr) “è una catastrofe per la regione: l’Iran non ha mai sostenuto la soluzione a due stati, ma anche i suoi sostenitori devono vedere che gli Stati Uniti l’hanno demolita”, è il quadro velenoso dipinto da Zarif.

L’IRAQ E IL CONFRONTO CON GLI USA

Il ministro iraniano ha parlato anche della cooperazione nel Golfo, ricordando che “l’Iran è sempre aperto al dialogo” in riferimento ai fatti avvenuti la scorsa estate (i sabotaggi della petroliere e l’abbattimento di un drone americano di cui i Pasdaran hanno recentemente mostrato le immagini del rottame ricostruito provocatoriamente) e proseguiti fino all’inizio dell’anno con l’uccisione del generale delle Guardie rivoluzionare, Qassem Soleimani, colpito nei pressi dell’aeroporto di Baghdad da un drone americano.

“Il generale Soleimani è un nostro eroe, ma anche un eroe iracheno. Gli Stati Uniti hanno lo hanno ucciso e hanno ucciso con lui un alto comandante iracheno”. Il tema è caldo: Zarif ha recentemente ricordato di aver coordinato ogni mossa, sempre, con incontro settimanali, con Soleimani – che è considerato dagli Usa un terrorista, architetto di una strategia espansionistica e anti-Usa dell’Iran nella regione. Di più: nei giorni scorsi l’Iran ha subito alcuni strani incidenti che sembrano collegarsi ad attacchi cyber condotti da Israele o dagli Usa, e a Baghdad un missile è stato intercettato sopra all’ambasciata americana in quella che sembrava una rappresaglia delle milizie sciite filo-iraniane – qualcosa di già vista in svariate occasione nei mesi passati. Magri chiede dell’arresto dei membri della Kataib Hezbollah avvenuto giorni fa, Zarif risponde vago; non parla del collegamento che certi partiti/milizia hanno con i Pasdaran  (suoi nemici nella partita politica interna a Teheran) e cita le connessioni fatte di “lunghi confini e lunga storia” tra Iran e Iraq.

TRUMP E IL FUTURO DI WASHINGTON

A novembre il presidente Trump potrebbe essere rieletto, e “credo che non sia la vostra speranza”, dice Magri, ma se vincesse lo sfidante democratico Joe Biden cosa potrebbe succedere? Il tema ricade sull’accordo col nucleare. L’Iran ha avviato violazioni controllate e ha stressato in alcuni casi il dossier attraverso quelle azioni portate avanti da parti dello Stato come i settori più reazionari dei Pasdaran (per niente controllati dal governo). La strategia di Rouhani e di Zarif è la resilienza, sperando in un qualcosa di diverso dalle presidenziali Usa, ormai non è più nemmeno troppo un mistero. “Non abbiamo firmato un accordo con Obama o con Trump, noi lo abbiamo fatto con il governo degli Stati Uniti e per questo il ritiro è una violazione delle leggi internazionali. Chiunque sarà il prossimo presidente, erediterà questa situazione [come Trump aveva ereditato il Jcpoa e aveva l’obbligo di rispettarlo]”, spiega l’iraniano.

IRAN-CINA, È SPECIAL RELATIONSHIP?

Il direttore Magri passa poi a una domanda riguardo a una delle notizie geopolitiche più interessanti della giornata: l’Iran e la Cina stanno costruendo una “special relationship” come la chiama il moderatore dell’Ispi. “È vero, stiamo stabilendo una partnership strategica con un piano da 25 anni per la cooperazione comprensiva tra i due paesi – spiega Zairf – e sarà una cosa legale e legittima che riguarderà più campi. La Nuova Via della Seta, l’energia, la tecnologia e il trasferimento di tecnologia, le infrastrutture e altro. Senza segreti: abbiamo negoziato sulla base di una bozza proposta dalla Cina a marzo e ora stiamo portando la stessa all’approvazione parlamentare”. Quel “senza segreti” è in polemica con alcune (non)indiscrezioni di stampa usciti su media sauditi e israeliani a proposito di questa intesa che Zarif dice essere “senza segreti”.

AFGHANISTAN, LIBIA E DEMOCRAZIA

Altre domande su due temi, Afghanistan e Libia. Sul primo dossier Zarif dice che gli iraniani molto attivi per tenere insieme i due candidati presidenziali, rivendica un suo ruolo nell’aiutarli a raggiungere un accordo per governare insieme e fargli trovare un compresso sul budget, che è un elemento cruciale. Il nostro rappresentante speciale ha incontrato la leadership talebana anche la scorsa settimana a Doha, dice, perché noi crediamo che” la soluzione politica è quello che serve al popolo afghano e non perché deve essere utile agli americani per fare i bagagli e lasciare il paese”.

Serve un’iniziativa regionale, Iran, Pakistan, Cina per ascoltare le necessità del governo afghano, aggiunge. Poi sulla Libia: vediamo le conseguenze dell’esasperazione delle attenzioni o “meglio dire interferenze” esterne. In tutte le condizioni di crisi menzionate, fa notare Magri, il ministro ha molto calcato sulla necessità che le popolazioni locali vengano ascoltate e la diplomazia sia l’elemento chiave per risolvere le crisi: “Penso che la diplomazia sia sempre una requisito per la stabilizzazione internazionale. I giochi a somma zero sono sempre negativi. Tutti perdono in quesi casi, invece nella diplomazia tutti possono vincere”.

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