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Biden vs Trump. La Cina è al centro della corsa elettorale Usa

Parlando in conferenza stampa all’esterno della Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ripetuto che “senza dubbio” la Cina è “pienamente responsabile di aver nascosto il virus” (si parla del SarsCov-2 che ha prodotto la pandemia, chiaramente). Per Trump è per questo che il morbo s’é diffuso nel mondo: ed è tutto meno che un’affermazione falsa. Pechino ha delle responsabilità oggettive, ha coperto la situazione inizialmente, e da questa copertura s’è prodotta la diffusione sfruttando le enormi interconnessioni globali (che passano, molte, per la Cina).

Ciò detto, è altrettanto vero che l’obiettivo delle parole del presidente era anche un altro. Perché la postura contro la Cina serve a marcare un’ipotetica distanza con il contender democratico che a novembre lo sfiderà alle elezioni, Joe Biden. È una narrazione: Trump accusa l’ex vicepresidente di Barack Obama di “una gestione disastrosa che ha permesso alla Cina di spiarci. Di derubarci. Di ingannarci”, lo ha detto ieri. “Per fortuna ci sono ora io qui — sempre ieri, dal Rose Garden — che stato eletto anche per mettere fine a tutto questo”.

La Cina non è più solo una questione di politica estera nelle elezioni di novembre. Ormai è diventata un problema quasi-esistenziale perché attraversa profondamente il tema pandemia, perché ostacola l’economia degli Stati Uniti, perché compete con gli Usa per la dominazione globale. Gli elettori statunitensi, solitamente distratti sugli affari internazionali, iniziano a chiedersi chi tra Trump o Biden sarà in grado di rispondere al meglio e tutelarsi contro un rivale da cui dipende prosperità e sicurezza. Ossia, una faccenda esterna che ha diretta influenza sulle più intime dinamiche interne americane. Per questo conta.

Secondo i dati di un sondaggio del Pew Research di marzo, gli americani non hanno mai avuto una visione così negativa della Cina, da quando l’istituto ha iniziato – nel 2005 – a fare domande sulle percezioni dei cittadini statunitensi riguardo a Pechino. Il 66 per cento degli americani vede la Repubblica popolare sfavorevolmente, il 62 la considera una minaccia. Un sondaggio della NBC News/Wall Street Journal fatto tra la fine di maggio e l’inizio di giugno ha rilevato che gli elettori registrati erano divisi equamente su quale dei candidati sarebbe stato più bravo a trattare con la Cina. Il 43 per cento diceva Trump, il 40 Biden. Nel sondaggio, c’è addirittura un 10 per cento che ha dichiarato che nessuno dei due sarebbe stato in grado di affrontarla.

Trump spinge su una narrazione di un Biden amico dei cinesi. Sebbene probabilmente sia vero l’opposto, almeno stando alla programmazione politica di Biden annunciata come una dottrina su Foreign Affairs un paio di mesi, in cui il democratico racconta la sua America tutt’altro che morbida con la Cina. E come la campagna di Trump ha fatto una pubblicità che mostrava Biden che brindava con il cinese Xi Jinping, spot della campagna di Biden mostrano Trump leggero sul coronavirus, mentre elogia Xi per essere stato trasparente sulla pandemia.

Collegare Biden alla Cina è un’attività narrativa che ha avuto una grossa spinta da maggio. Gli strateghi politici di Trump vogliono far passare questo messaggio: mentre il presidente ha firmato un accordo bilaterale con Pechino che permette di salvaguardare l’economia Usa, il democratico – da vicepresidente incaricato alla gestione dell’Oriente – negli otto anni obamiani ha portato gli Stati Uniti ad aderire a protocolli multilaterali che hanno messo l’industria americana a rischio. “Trump, buy American. Joe Biden, buy China“, ha detto il consigliere commerciale della Casa Bianca, il falco anti-Cina Peter Navarro, domenica scorsa sulla Fox.

All’opposto, la campagna Biden tende a mettere in risalto le debolezze trumpiane dimostrate anche con la Cina. Il presidente parla in modo severo, spiegano gli annunci del democratico, ma agisce da debole. Non è riuscito a firmare che la prima fase dell’accordo con la Cina; e, mentre il virus si espandeva, la Casa Bianca minimizzava dicendo che sarebbe sparito anziché prendere misure serie nel paese con la Cina, dicono altri spot (attenzione qui: è evidente come anche i Democratici accusino apertamente la Cina per le coperture iniziali e dunque per la diffusione). Da uno spot Dem: “Trump diceva di voler essere duro con la Cina, ma non lo è stato. Anzi, è stato fregato dalla Cina”.

Altra accusa democratica: Trump ha allontanato gli Stati Uniti dagli alleati e dalle istituzioni internazionali, e per questo ha resto gli Usa più deboli davanti alla Cina. “Sono sorpreso di come abbiamo pensato che la Cina potesse essere una carta a loro favore”, dice sulla ABC Jeff Prescott, consulente di politica estera per Biden: “Stavano nascondendo dei segnali di avvertimento in arrivo sulla pandemia per concludere l’accordo commerciale con Xi Jinping e poi [Trumè] ha trascorso tutto gennaio e febbraio e fino a marzo lodando Xi, elogiando la gestione cinese del coronavirus, e parlando della fase molto fragile del suo accordo commerciale”.

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