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Il Colle e la piazza. Fidanza svela i piani per il governo di FdI

“Non è vero che per uscire dall’emergenza c’è solo questo governo, ma è possibile un’alternativa: chiara, credibile, coesa basata su forze politiche che, al netto di qualche sfumatura, stanno assieme grazie a valori condivisi”.

Lo pensa l’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza che, analizzando la piazza di domani animata da FdI, ragiona con Formiche.net sulla postura di Forza Italia nel destracentro, sulle difficoltà in cui si trova oggi chi fa opposizione e sull’immobilismo di Pd e M5s. “Nel discorso di Conte credo che manchi sempre il passaggio finale: se è un fallimento, come dice, allora ne prenda atto e si dimetta”.

Perché il governo sembra essere sulla Luna?

Perché, a fronte di una crisi senza precedenti, continua a prendere provvedimenti blandi e inefficaci. La potenza di fuoco, annunciata da Conte a più riprese, non si vede. Le tante risorse pur investite, anche grazie al voto delle opposizioni che hanno consentito lo scostamento di bilancio, di fatto sono arrivate in minima parte a famiglie e imprese. Tra l’altro andiamo incontro in autunno ad una probabile situazione emergenziale, produttiva, sociale ed occupazionale, rispetto alla quale il governo sembra procedere senza alcun tipo di percezione dell’urgenza. Quando finirà la cassa integrazione il rischio è di uno tsunami occupazionale.

Che messaggio lanciate, al governo e a Forza Italia, dalla piazza di domani, anche dopo l’intervista di Berlusconi a Repubblica?

Non credo che in quell’intervista Berlusconi abbia lasciato intendere di voler appoggiare il governo, mi pare sia stata forzata, anche nel titolo. Quando anche ha lasciata aperta una porta al nuovo esecutivo, mi è sembrato un governo nel perimetro del centrodestra, con eventuali apporti esterni. Non un supporto di Forza Italia a Conte. Mi auguro che Forza Italia mantenga questa linea, senza alcun tipo di tentazione inciucista. La nostra piazza servirà anche a ribadire questo: non è vero che per uscire dall’emergenza c’è solo questo governo, ma è possibile un’alternativa: chiara, credibile coesa basata su forze politiche che, al netto di qualche sfumatura, stanno assieme grazie a valori condivisi.

La polemica sul distanziamento sociale nelle vostre piazze crede sia strumentale? In fondo c’è stato assembramento anche sul Ponte Morandi o per il ritorno a casa di Silvia Romano…

Le polemiche sono concentrate solo sulle manifestazioni di dissenso al governo. Da milanese non dimentico i commercianti esasperati dalle forze dell’ordine per una manifestazione assolutamente pacifica, con distanziamento e mascherine. Per cui chi osa mettersi in una posizione di critica verso il governo, ecco che riceve un trattamento di particolare attenzione. Considero questo un segnale inquietante, ma non rinunceremo a dare voce ad un popolo insoddisfatto di come Chigi sta gestendo l’emergenza. Ribadisco che osserveremo il distanziamento, indosseremo le mascherine ma non accetteremo bavagli.

Giorgia Meloni ha detto che se vinceranno le regionali il Colle dovrà prenderne atto.

Dal 4 marzo 2018 in poi tutte le volte che i cittadini italiani sono stati chiamati a votare, ha vinto sempre il centrodestra unito, tranne in Emilia Romagna. Se lo schema dovesse replicarsi alle regionali di settembre avremmo una tale discrepanza tra la volontà popolare e la rappreentanza parlamentare che a nostro avviso il Colle dovrebbe prenderne atto. Come ci insegnano insigni costituzionalisti l’istituto dello scioglimento delle Camere si applica anche quando la maggioranza numerica è scollata dall’espressione del corpo elettorale.

Perché siete contrari al Mes?

Partiamo col dire che il Mes è un trattato intergovernativo che, al di là delle lettere e delle rassicurazioni dei commissari Gentiloni e Dombrovskis, resta tale. Fino a quando non verrà modificato, continuerà a prevedere che accanto ai fondi ci siano le rigide condizionalità che sono sì state rese più blande nel momento dell’accesso stesso al Mes light, come l’uso per la spesa sanitaria, ma non prevedono la scomparsa delle condizionalità di fondo. Ovvero quando saremo chiamati a restituire il prestito le rigide regole ci saranno: Dombrovskis e Centeno hanno sollevato il tema del possibile ripristino del patto di stabilità dal 2021, attualmente sospeso. Già questo rappresenta una condizionalità enorme e noi saremmo già fuori.

Eppure l’Europa, mai come questa volta, sembra aver aperto il portafoglio: cosa non vi convince?

C’è un sistema di allerta preventiva della Commissione Ue sulla sostenibilità del debito pubblico, per cui c’è il rischio che durante la restitutizione del prestito nel momento in cui il nostro debito dovesse essere considerato non più sostenibile, scatterebbe la vigilanza rafforzata con i programmi di aggiustamento macro economico. Si tratta di condizioni insite in tale strumento, che non possono essere negate. Si parla molto, inoltre, dei vantaggi rispetto ai tassi di interesse: il risparmio sarebbe di 500 milioni all’anno. Ma consegnare le chiavi di casa nostra alla troika per 500 milioni, quando stiamo mobilitando 80 miliardi di altri fondi, non ci sembra una mossa intelligente. Un rischio troppo grosso per un vantaggio troppo piccolo.

Secondo Giuseppe Conte la mancata alleanza M5S/Pd alle regionali è anche una sua sconfitta: il premier ha ragione?

La mancata alleanza nasce dal fatto che si tratta di forze politiche non amalgamate, lo dimostra la quotidiana azione di governo caratterizzata dalla mancanza di un linguaggio comune. Sulla Tav, sulla giustizia, come su Alitalia o Autostrade si assiste solo all’immobilismo. Non riescono a sciogliere nodi ancora bloccati da vari mesi. L’elenco è infinito. Spesso si critica il centrodestra per la sua presunta disunione: la migliore risposta la diamo in occasione delle elezioni, in cui ci presentiamo con candidati e programmi comuni. Nel discorso di Conte credo che manchi sempre il passaggio finale: se è un fallimento, come dice, allora ne prenda atto e si dimetta.

twitter@FDepalo

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