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Conte il pellegrino d’Europa (che ricorda Prodi). Scrive Pennisi

Il “pellegrinaggio” del presidente del Consiglio Giuseppe Conte in Portogallo e Spagna ricorda quello di Romano Prodi e dei suoi ministri nell’estate 1997 a Valencia per incontrare la sua controparte spagnola José Maria Aznar con in suoi ministri. Allora, l’intenzione di Prodi era quella di convincere gli spagnoli a fare fronte comune con l’Italia per ritardare di un anno l’entrata in vigore dell’unione monetaria europea in modo che i due Paesi mediterranei avessero un maggior lasso di tempo per mettere ordine nelle rispettive finanze pubbliche.

Si sentì rispondere che Madrid aveva già fatto i propri compiti (soprattutto grazie ad una riforma delle pensioni) e non intendeva chiedere rinvii. Per di più, un paio di giorni dopo, Aznar spifferò il tutto al Financial Times e Prodi, sbeffeggiato, dovette introdurre l’eurotassa sui redditi (promettendola di restituirla agli italiani appena si fosse entrati nella moneta unica ciò in parte avvenne) ed il governo italiano si impegnò, con il resto dell’eurozona, a portare il debito pubblico al 60% del Pil entro “un tempo ragionevole”, ossia dieci-quindici anni (ciò non è mai avvenuto – prima della pandemia eravamo al 135% ed a fine anno sfioreremo il 160%).

Conte vuole convincere Portogallo e Spagna a:

a) fare fronte comune nei Paesi nordici considerati “frugali” all’ormai imminente Consiglio europeo del 18 luglio.

b) chiedere anche loro accesso allo “sportello sanitario” del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) in modo che non sia solo l’Italia a fare richiesta.

Andiamo al secondo punto. Portogallo e Spagna hanno già usufruito del Mes nel passato e proprio grazie al Mes hanno messo la loro finanza pubblica in ordine con il risultato che i loro titoli di stato vengono collocati sui mercati internazionali con uno spread molto, molto basso rispetto a quello dei titoli tedeschi. Quindi, non hanno alcun interesse a chiedere accesso allo sportello sanitario del Mes. Né a quello di fare fronte comune con l’Italia (altra idea suggerita a Governo ed opposizione dall’economista Domenico Lombardi) nel chiedere, in sede di Fondo monetario internazionale (Fmi), un’emissione speciale di Diritti speciali di prelievo (Dsp) – procedura lunga e complessa in quando occorre convincere gran parte degli Stati del Fmi. Quindi, speriamo solo che portoghesi e spagnoli non spifferino nulla al Financial Times o ad altre testate internazionali.

Tanto più che saranno probabilmente Portogallo e Spagna a fare la lezione a Conte: non c’è perdita di reputazione o stigma nel chiedere accesso al Mes, anzi si ottiene una risposta positiva sui mercati internazionali in quanto indicazione che il Paese richiedente ha la seria intenzione di mettere ordine ai propri conti ed al proprio debito. Lo provano settanta anni di attività del Fmi.

La lezione può essere anche più seria in materia di negoziati per i finanziamenti a titolo del Next Generation EU. La quantità degli aiuti (sovvenzione e prestiti agevolati) dipende dalla qualità dei rispettivi Programmi Nazionali di Riforma (Pnr). A ciascun Paese, la Commissione europea ha già fornito obiettivi e priorità. Portogallo e Spagna hanno già presentato Pnr basati su un consenso parlamentare bi-partisan ed articolati in poche grandi poste di spesa, il cui andamento, la cui efficienza ed efficacia sono facilmente monitorabili.

Il Pnr italiano non solo non è mai andato in Parlamento ma a quel che si sa è un nuovo spezzatino di progetti (di ardua valutazione) per accontentare un po’ tutti e non propone nulla in un campo considerato essenziale dai partner europei, informati tanto quanto noi delle nostre amare traversia: la riforma della giustizia per garantirne speditezza ed imparzialità.

(In foto Giuseppe Conte e il premier portoghese Antonio Costa)

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