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Perché a Conte non conviene fare il grillino. Lo spiega Bianco

Conte è forte solo se mantiene la sua autonomia dal M5S, dice Gerardo Bianco a Formiche.net. L’ex ministro della Pubblica Istruzione, parlamentare fino al 2008 ed esponente di spicco della Dc, ritiene che il premier sia ben consapevole dei limiti tutti interni dei grillini, come la spaccatura in varie anime. “Lo dimostra l’evoluzione abbastanza evidente dello stesso Di Maio, passato dai gillet gialli all’appuntamento con Mario Draghi”. Il Pd? Chiarisca cosa vuole, ma gli “manca l’anima”. Attenzione a delegittimare il Parlamento, e ai “pieni poteri”.

Conte è il più grillino dei grillini, visto come sta gestendo il caso Autostrade?

Francamente non mi sentirei di dire questo. Ho la sensazione che lui resti ovviamente in collegamento col M5S visto che rappresenta la fonte che lo ha indicato premier, ma mantiene una certa autonomia. Ha una sua formazione culturale e politica dalla quale non può prescindere enon può evidentemente non vedere i limiti che quel movimento ha.

Ovvero?

Basta pensare alle contraddizioni interne del M5S, ai cambiamenti che sono in corso, alle diverse anime che lo popolano, tra chi realisticamente prende atto che governare è una cosa ben diversa dal protestare. Lo dimostra l’evoluzione abbastanza evidente dello stesso Di Maio, passato dai gillet gialli all’appuntamento con Mario Draghi. Ho inoltre l’impressione che se Conte volesse diventare il leader dei grillini non sarebbe possibile, perché all’interno ci sarebbero delle resistenze. Per cui il premier è forte solo se mantiene la sua autonomia.

L’ha avuta sul dossier Autostrada?

Si tratta di un caso la cui conclusione resta molto aperta. Conte ha cavalcato lì una tendenza generale: la vera grande questione del paese oggi è che tutti i movimenti politici in Parlamento sono affetti dalla malattia endemica del populismo, quell’idea di rincorrere le tendenze dell’opinione pubblica, guardando i sondaggi anziché le proprie scelte. E’inoltre la principale differenza rispetto al vero uomo politico, che prescinde dagli umori ma sa discernere. Le soluzioni giuste spesso possono anche andare contro la pubblica opinione.

Il fatto che il governo non abbia un piano B cosa dimostra?

Oggettivamente il caso è complicato, il governo dovrebbe fare i conti anche con il diritto visto che siamo ancora in uno Stato di diritto. Non potrà evitare di tenere conto di una serie di fattori legati alla legalità. È stato sbagliato il punto di partenza concettuale nel voler punire i Benetton, che sono già stati puniti in questa vicenda. Non si può costruire una soluzione futura solo sulla base di una punizione da infliggere ai detentori.

Cosa andrebbe fatto allora?

L’impostazione data alla vicenda è pericolosa, perché non consente una soluzione razionale. Occorre riflettere che per punire i Benetton poi si finisce per determinare una crisi dello stesso assetto economico e industriale, con rischi di mettere in discussione tutto: dall’occupazione alla fiducia negli investitori internazionali. Si tratta di elementi che vanno tenuti in conto, ma che in questo caso creano altri rinvii. Ci sarebbero mille modi per ridimensionare il concessionario.

Quali?

Il discorso dovrebbe essere impostato con più freddezza, prescindendo da altre valutazioni. I Benetton farebbero bene a ritirarsi tramite un accordo, consentendo una soluzione ragionata, anche attraverso una presa di coscienza relativa alle proprie responsabilità. Ma senza un braccio di ferro. Oggi invece c’è il rischio di essere pesantemente penalizzati da sentenze che finirebbero per distruggere ricchezza anche nei piccoli risparmiatori. Lo scontro legale è troppo rischioso per lo Stato italiano e una persona esperta di diritto come Conte non può non saperlo. Se la sua condotta da avvocato è giustificata da un lato dal dover tenere buoni i grillini, dall’altro potrebbe portare ad uno scenario difficile.

Regionali e pandemia. Il Pd mostra insofferenza verso il premier (tra la lettera del ministro De Micheli e il dibattito tutto interno dopo i tweet di Orlando, Gori e Calenda). Sbaglia?

Il Pd deve darsi una regolata e chiarire cosa vuole. Ma in tutta onestà credo che sia l’unico ad avere la parvenza di un partito di governo, con una chiara linea europeista, anche se gli manca l’anima. Al momento è una combinazione che riflette l’artificiosità con cui è stata assemblata in origine: errore della politologia che ha voluto sostituire la politica, come un vizio di origine. Se l’Italia però perdesse la linea degasperiana del Pd sull’Ue (e non quella del Manifesto di Ventotene ripetuta da Repubblica) sarebbe dura.

L’ha sorpresa il riavvicinamento tra Prodi e Berlusconi? Sono  entrambi possibili senatori a vita?

Se vincesse la linea Letta allora a quel punto Berlusconi sarebbe riscattato. Ma sinceramente non amo tali ammiccamenti. Tutti dovrebbero piuttosto rendersi conto degli errori commessi in passato.

L’ultimo Radar Swg mette in luce come l’esecutivo giallorosso sia percepito dagli italiani come troppo attendista. Come leggere il sondaggio in un momento in cui è vitale prendere decisioni giuste?

È un sondaggio reale che rispecchia la situazione. Se ci sono errori non li vedo tanto nell’orientamento delle scelte, ma nel modo con cui le scelte sono state fatte. Basti pensare ai decreti con centinaia di articoli e anche agli stessi decreti attuativi che necessiteranno di mesi, mentre invece occorrono decisioni rapide e risolute. Ciò che mi spaventa però è l’indebolimento della rappresentanza parlamentare: è questa la vera grande crisi istituzionale del momento, frutto delle politiche condotte dagli stessi protagonisti dell’attuale governo, dalla critica alla cosiddetta casta in poi. I grillini ignorano che il Parlamento è l’asse portante della democrazia italiana, previsto dalla Carta. Se lo si indebolisce ulteriormente, in parallelo ad un potere preminente dell’esecutivo, allora la democrazia rischia di perdere il suo santo riferimento nella coscienza popolare.

twitter@FDepalo

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