Un’idea continua ad aggirarsi per l’Europa: quella di un deterrente nucleare dell’Unione europea. “Nell’oblio da più di due decenni, l’ipotesi di un arsenale nucleare condiviso tra membri del progetto di integrazione europea è stata, seppur in forme diverse, discussa in numerose occasioni dall’inizio di quella che potremmo chiamare ‘l’era nucleare’, senza mai tuttavia riscuotere grande successo”, scriveva meno di un anno fa Niccolò Petrelli, docente di Studi strategici all’Università di Roma Tre, su Formiche.net.
“Oggi rilevanti cambiamenti sembrano aver impresso un nuovo slancio alla riflessione strategica sulla questione, soprattutto la maggiore assertività russa in politica estera, nonché la rinnovata enfasi posta sulle capacità nucleari nella dottrina strategica di Mosca”, scriveva l’esperto. “In tale contesto, la capacità dell’Unione europea di perseguire una efficace politica estera e di sicurezza comune, capace effettivamente di condizionare le preferenze politiche degli avversari, si è argomentato, non può più prescindere da una solida deterrenza fondata, tra l’altro, su una capacità nucleare strategicamente autonoma”.
LA PROPOSTA DI BERLINO…
Oggi, a due giorni dall’incontro tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron (durante il quale, come raccontato da Formiche.net i due hanno fatto il punto sul futuro dell’Unione europea) iniziano i sei mesi di presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione europea. E tra le tante proposte arrivate sul tavolo della cancelliera c’è quella della Friedrich-Ebert-Stiftung, storica fondazione politica tedesca vicinissima al Partito socialdemocratico alleato di governo della Merkel. In un documento dal titolo “An Initiative to end the Standstill” (un’iniziativa per uscire dal punto morto), gli esperti della fondazione chiedono una politica più attiva da parte del club di Bruxelles soprattutto negli ambiti della sicurezza e della difesa. In particolare, propongono un sistema di deterrenza europea che venga avviato durante il semestre tedesco e si realizzi entro quello francese, previsto da gennaio a giugno del 2022.
Nel rapporto — in cui la parola “China” compare due volte mentre quella “Russia” e derivati 28, a testimonianza della politica estera del governo Merkel — si parla di scudo nucleare: “Un sondaggio condotto dalla Körber Foundation e dal Pew Research Center a partire da settembre 2019 ha mostrato che gli intervistati in Germania si sono dichiarati espressamente a favore di uno scudo nucleare europeo, al posto di rimanere sotto quello statunitense. Un particolare notevole era il fatto che i tedeschi erano persino disposti ad accettare maggiori spese per la difesa pur di raggiungere questo obiettivo”.
… A PARIGI E AGLI ALTRI STATI DELL’UE
“All’inizio dell’anno, il presidente francese Emmanuel Macron ha messo a punto i suoi piani per uno scudo nucleare europeo”, continua il rapporto sottolineando come l’inquilino dell’Eliseo abbia chiesto una maggiore cooperazione e “stabilito una dimensione europea per la forza di deterranza nucleare francese. La Germania e gli altri Stati membri dell’Unione europea dovrebbero essere molto aperti a questa offerta e discutere della sua attuazione a lungo termine”.
E ancora: “Naturalmente, ciò non significa che l’Unione europea dovrebbe chiedere la chiusura dell’ombrello nucleare statunitense sull’Europa. Tuttavia, può essere vantaggioso, in particolare in periodi di incalcolabili rischi per la sicurezza, sviluppare una strategia europea di deterrenza nucleare parallela all’attuale concetto Nato”. Non è un caso, però, che la proposta giunta in un periodo di alta tensione tra Germania e Stati Uniti.
LE PRECEDENTI APERTURE FRANCESI
A febbraio, infatti, su Formiche.net raccontavamo come il presidente francese Emmanuel Macron (che lunedì ha assistito, poche ore dopo essere stato trovato dall’ondata verde delle elezioni comunali, alla chiusura della centrale nucleare francese di Fessenheim, la più vecchia del Paese, inizio del lento disimpegno di Parigi dall’energia atomica) avesse aperto per la prima volta all’idea di discutere della potenza nucleare francese con i partner europei. L’obiettivo della Francia — che ha piazzato nella Commissione europea Thierry Breton a capo del Mercato interno, con responsabilità sulla nuova direzione generale Difesa, industria e spazio da cui saranno gestiti i finanziamenti del Fondo europeo della difesa — è “l’autonomia strategica” dell’Europa. Ma il progetto di Macron sembra disegnare un continente a trazione transalpina, sempre più slegato dagli Stati Uniti. Ecco quello che annotavamo.
Per i francesi (si ricordi l’uscita dalla Nato nel 1966) è da intendere nella sua versione più radicale, al limite dell’indipendenza rispetto allo storico alleato americano. Con questa idea Macron ha spiegato a novembre che il Vecchio continente rischia di “sparire” poiché schiacciato tra “Stati Uniti e Cina”, con un’equiparazione quantomeno forzata tra gli Usa e il Dragone (potenza in assertiva ascesa), arrivando a definire la Nato “in morte cerebrale”. Con questa stessa interpretazione ha proposto più volte un “vero esercito europeo”, tanto da arrivare a toni piuttosto aspri con il presidente Donald Trump.
GLI OSTACOLI
Già un anno fa Petrelli illustrava come, in assenza di alcuni requisiti — possesso di adeguate capacità; formulazione di una minaccia credibile; capacità di comunicare con chiarezza la minaccia al proprio avversario — “non sembra raccomandabile per l’Unione europea nel breve-medio periodo tentare di includere la deterrenza nucleare nel proprio repertorio di politiche di sicurezza”. Secondo l’esperto, infatti, “nei termini in cui sarebbe realisticamente possibile disporre di un arsenale nucleare comune, infatti, l’Unione europea non sarebbe in grado di praticare con successo la deterrenza. Paradossalmente, la soluzione più appropriata ai problemi fino qui descritti sarebbe quella di creare un vero e proprio arsenale comune ex novo sotto pieno controllo delle istituzioni dell’Unione. Ma il suo tempo sembra non essere ancora arrivato”, concludeva.
GLI INTERROGATIVI
Diversi sono gli interrogativi sul piano francotedesco. Ne evidenziamo due in particolare. Il primo è il rapporto con gli Stati Uniti e la Nato. Il secondo è l’obiettivo di Berlino: è davvero quello di realizzare una forza di deterrenza europea o è invece la ripresa del sviluppo di armi nucleari nel Paese, come ipotizzato su Twitter da Sico van der Meer, research fellow del Clingendael Institute?