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Diga sul Nilo. Tra Egitto ed Etiopia attacchi cyber e negoziati

Un attacco informatico contro varie strutture pubbliche etiopi sarebbe stato portato a termine la scorsa settimana da hacker egiziani. Ed è soltanto l’ultima di questo genere di operazioni in cui questioni di carattere politico e/o geopolitico connesse ad attacchi cyber. Si pensi alle ritorsioni indiane contro le app cinesi che hanno come motivazione di fondo lo scontro al confine himalayano: oppure alla serie di incendi animali in Iran, concentrati in pochi giorni e in strutture attorno al programma nucleare, forse opera di un’unità specializzata del Mossad. Ragioni fisiche alla base, o come obiettivo, di operazioni digitali. Nel caso egiziano, il tema di fondo riguarda la Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), enorme diga sul Nilo che Addis Abeba brama come necessità per il Paese (dovrebbe allargare sensibilmente la copertura elettrica, e per questo la popolazione la finanzia acquistando bond dai ricavi il governo finanzia il progetto; altri fondi li mette la Cina) e che l’Egitto osteggia perché comporterà una inevitabile riduzione dei volumi d’acqua che il Grande Fiume tira nella terra dei faraoni. Sarà la diga più grande del continente africano (equiparabile solo a quella di Inga, sul fiume Congo, la cui funzionalità però è molto sotto le capacità per chi era stata costruita). C’è anche un bel pezzo d’Italia nell’opera contestata: la Salini Impregilo ha vinto la gara d’appalto ed è la ditta milanese (ora Webuild) ad aver avviato cinque anni fa i lavori dell’infrastruttura. Opera che è parte sostanziale degli interessi egiziani verso l’Africa subsahariana.

L‘opera non procede alla fase operativa per via del contenzioso geopolitico – in cui è coinvolto anche il Sudan. Lunedì, il ministro dell’Irrigazione egiziano (il fatto stesso che ci sia un dicastero ad uopo al Cairo dimostra quanto il tema dell’acqua sia importante) ha dichiarato: “L’acqua del Nilo è un problema esistenziale per l’Egitto, il 97 per cento del suo territorio è deserto”. Parlava mentre faceva il punto sugli sforzi di dialogo internazionale per raggiungere un “accordo equo ed equilibrato”, come l’ha definito: “L’Egitto non è mai stato contrario ai progetti di sviluppo nel bacino del Nilo, Etiopia inclusa”, ma chiede che per raggiungere gli obiettivi in termini di generazione di elettricità etiopi vengano “evitati danni” al Cairo. Venerdì scorso, 3 luglio, i ministri dei tre paesi hanno riavviato i colloqui trilaterali in videoconferenza, sotto l’egida dell’Unione africana e alla presenza di undici osservatori esterni (paesi come Stati Uniti, Unione europea e Sudafrica, presidente di turno dell’Ua). I risultati, per dirla con le parole del ministro egiziano, sono stati “zero”, mentre gli hacker (probabilmente del gruppo noto come “Cyber_Horus”) hanno attaccato i siti con vari riferimenti nazionalistici allo scontro sulle acque del Nilo.

(Foto: Wikipedia, un’immagine aerea del Nilo)


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