Ennio Morricone è stato il più grande compositore del 900. Un uomo semplice di una ricchezza straordinaria che ha espresso la sua forma d’arte nel secolo dell’immagine, esaltandone il ritmo attraverso la contaminazione tra musica classica, moderna e contemporanea.
Molti dei film in cui ha collaborato vengono ricordati più per la sua musica che per la regia o per la recitazione. Ha raggiunto la sua massima espressione quando ha incontrato artisticamente Sergio Leone e Giuseppe Tornatore. E quando non si è trovato di fronte registi dello stesso calibro li ha resi più grandi senza pavoneggiarsi. Dal 1960 al 2020 ha scritto musica per talmente tanti film che si fatica ad elencarli. Oltre a Leone e Tornatore, in Italia ha lavorato, tra gli altri, con Pasolini e Pontecorvo, in America per Warren Beatty, Brian de Palma, Tarantino.
Solo chi ha avuto il privilegio di seguirlo in concerto a New York al Radio City Music Hall può rendersi davvero conto della potenza persuasiva della sua musica. La reazione del pubblico newyorkese al momento di Deborah’s theme si fa fatica a dimenticare. Fortunati anche coloro che hanno goduto di altri scenari indimenticabili, piazza San Marco a Venezia o le Terme di Caracalla a Roma o più semplicemente all’Auditorium Parco della Musica cui sarebbe stato giusto accostare il suo nome quando era già in vita. Figuriamoci oggi.
Cinque Oscar mancati, uno alla carriera nel 2007 e uno vinto nel 2018 per The Hateful Eight. Dal diploma in tromba conseguito al conservatorio Santa Cecilia, per il quale vale la riflessione del Parco della Musica, Ennio, il Maestro, ha sconvolto il linguaggio musicale del cinema con il suo compagno di scuola Sergio Leone.
Chi ha memoria dei botteghini del super-cinema di Roma ai tempi di Per un pugno di dollari (1964), divelti per vedere il close-up del giovane Clint con il mezzo sigaro che duellava con il cattivo Volontè, mentre cinque note di flauto punteggiavano il sibilo del vento o, ancora, il suono del carillon che diventava parte della scenografia nel triello finale di Per qualche dollaro in più (1965), all’epoca non si rendeva conto di cosa stessero combinando Leone e Morricone in termini di rivoluzione della punteggiatura e del linguaggio cinematografico.
Ma forse quello stesso pubblico cominciò a prenderne coscienza quando vide Il buono, il brutto e il cattivo (1966), C’era una volta il West (1968) e Giù la testa (1971). Anche la critica, per quello che serve quando i film hanno grande successo, ne prese atto, ma troppo tardi. Quando arrivarono a C’era una volta in America (1984), non servirono le nomination all’Oscar per segnalare al mondo che eravamo di fronte al film dei film, a La danza di Matisse, a la Libertà che guida il popolo di Delacroix, a la Bohème di Puccini ovvero all’Opera monumentale del cinema italiano in atto unico, su libretto di Harry Grey diretta dall’immenso Sergio Leone.
Da lì in poi, ricordiamo i temi di Mission (1986), Gli intoccabili (1987), Nuovo cinema Paradiso (1988), La leggenda del pianista (1998). E poi? E poi non perdiamo l’occasione di rivedere una certa filmografia che Ennio Morricone per 60 anni di carriera ha musicato senza sosta, dirigendo nei momenti di pausa concerti in giro per il mondo senza mai lasciare un posto libero.
L’Italia conosciuta al mondo per l’Opera, ha avuto in Ennio Morricone il più grande ambasciatore del genio musicale che ha lasciato al mondo tracce sonore ineguagliabili e per questo immortali. Possiamo solo sperare nella reincarnazione.
Ps: A Morricone fino ad ora è stato dedicato solo un asteroide (152188-Morricone), grazie all’iniziativa dell’Unione astrofili italiani, sarebbe il caso si lasciasse qualcosa anche sulla Terra.