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No alle task force di facciata. La versione di Marco Gay

In fondo, c’era da aspettarselo. In un Paese ad alto tasso di litigiosità, come appunto l’Italia, era quasi inevitabile che i partiti – incassato l’ok al Next Generation Eu – iniziassero con una polemica, tutta politica, sulle modalità di gestione delle risorse che arriveranno e sugli organi cui attribuire il ruolo di guida nel processo che condurrà alla presentazione del nostro piano a Bruxelles nel prossimo mese di ottobre.

Le ipotesi in campo, in questo senso, sono le più svariate: dall’idea di una nuova task force lanciata subito dal premier Giuseppe Conte, ma contestata da buona parte della maggioranza, a quella di una cabina di regia da costituire sotto la regia della presidenza del Consiglio fino alla proposta di Forza Italia di istituire un’apposita commissione bicamerale. Solo un assaggio di quello che ci attende nelle prossime settimane e nei prossimi mesi durante la stesura del piano di riforme da consegnare all’Europa per accedere ai fondi e poi, dopo, quando si tratterà di spendere effettivamente le risorse.

“L’assalto alla diligenza, in un certo senso, è già cominciato”, ha commentato il neo-presidente di Confindustria Piemonte e amministratore delegato di Digital Magics Marco Gay, che questa mattina ha partecipato a un seminario del ciclo InnoVazioni organizzato dall’Associazione La Scossa presieduta da Ilaria Fava. Ma stavolta sarà diverso, ha poi aggiunto lo stesso Gay. Che ha ricordato come la migliore assicurazione contro il far west che di regola si scatena in Italia ogniqualvolta si tratti di spendere risorse (vedi, ad esempio, alla voce legge di Bilancio), sia rappresentata dalle procedure previste a livello europeo per il via libera agli aiuti: “Occorrono progettualità e strategia, altrimenti i soldi, semplicemente, non arrivano”.

In una parola quello che il mondo dell’impresa e l’Italia tutta si attendono dal governo e dalle forze politiche è responsabilità. Nel presentare il piano di riforme alla Commissione e al Consiglio europeo, nello spendere i 209 miliardi via via inizieranno ad arrivare dal 2021 e anche nelle decisioni che ci attendono prima che le risorse entrino nella nostra disponibilità. A questo proposito il riferimento inevitabile è al Mes su cui il governo appare lontano dal trovare la quadra. Eppure quei soldi sarebbero disponibili da subito e, vista la situazione economica e finanziaria del nostro Paese, potrebbero risultare anche molto utili: “Credo sia giusto attivare il Mes laddove le circostanze lo richiedano. È una questione di responsabilità che grava sul governo. Se serve, non vedo perché non avvalersene”. A maggior ragione, appunto, alla luce delle pesantissime conseguenze della pandemia: “Ho paura che sarà un autunno caldo dal punto di vista economico. Il lockdown ha lasciato cicatrici profonde”.

D’altro canto il presidente di Confindustria Piemonte ha messo in guardia il governo dal rischio di un’altra operazione spot, sulla falsariga di quanto avvenuto con la commissione guidata da Vittorio Colao e poi anche con gli Stati generali dell’economia: “Sono contrario alle task force di facciata, create per non essere ascoltate. Non abbiamo più tempo da perdere. Se dovessero optare per una soluzione del genere mi aspetto che poi siano consequenziali e che facciano quello che la task force ha indicato. In caso contrario a rimetterci sarebbero la credibilità della politica e del Paese. E questo l’Italia non se lo può certo permettere”.

Ma come dovremmo spendere il denaro di cui l’Italia beneficerà grazie all’accordo sul Next Generation Eu? Di sicuro, in parte rilevante, per spingere l’innovazione a tutti i livelli nel nostro Paese, ha concluso Gay che ricopre anche il ruolo di presidente di Anitec-Assinform, l’associazione aderente a Confindustria che rappresenta le imprese dell’Information and Communication Technology. “L’innovazione sta passando dall’essere un argomento per addetti ai lavori a un tema di dibattito nazionale”, ha sottolineato Gay, per il quale questo salto di qualità “sta producendo maggiore concretezza”. Certo, molto rimane però da fare: “Da parte della politica c’è più attenzione ma sulla comprensione siamo ancora indietro. Si parla più di titoli che di sostanza: l’Italia ha urgente bisogno di reali politiche per l’innovazione”. Anche perché da questo versante così decisivo passa buona parte della possibilità che il nostro Paese riesca a ottenere effettivamente e poi a spendere adeguatamente i soldi previsti con l’accordo di qualche giorno fa a Bruxelles.

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