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Geopolitica in movimento sull’Indo-Pacifico. La doppia esercitazione Usa

Il 30 maggio del 2018 il PaCom, il comando del Pacifico del Pentagono istituito da Truman nel 1947, ha cambiato denominazione formale. È diventato Indo-Pacific Command. Un modo per includervi le dinamiche geostrategiche dell’Asia Meridionale, leggasi l’India (necessario alleato, Paese-continente, per potenzialità e popolazione). Guidato da Camp Smith nella Hawaii, sotto il comando dell’ammiraglio Philip Donovan ci sono 260milioni di chilometri quadrati, ossia il 52 per cento del pianeta. L’IndoPaCom è il più grosso dei nove comandi maggiori con cui il Pentagono divide il mondo, e lo spazio, a dimostrazione di come le forze armate per gli Stati Uniti siano elemento pensato per la dominazione globale. In questi giorni l’ammiraglio Donovan esprime al meglio il suo concetto esistenziale: controllare i mari profondi, proiettare la potenza americana attraverso due oceani, dimostrare al grande rivale globale — la Cina — che l’ascesa sarà condizionata, quanto meno non facilitata.

La portaerei “USS Nimitz” ha doppiato nei giorni scorsi lo Stretto di Malacca per entrare nelle acque indiane, ospitata col suo gruppo da battaglia per un’esercitazione congiunta con la marina locale. Non sfugge che queste routinarie manovre arrivano in un momento delicato dei rapporti di Delhi con Pechino (vedere lo scontro sul confine himalayano). Contemporaneamente, più a est, tra i flutti del Mare delle Filippine, la “USS Ronald Reagan” è impegnata in wargame che coinvolgono diverse altre unità della Royal Australian Navy e della Forza navale d’autodifesa giapponese. Tutto sul varco orientale del quadrante del Mar Cinese Meridionale, ambito che Washington ha individuato come luogo di contenimento fisico della ambizioni globali di Pechino, recentemente oggetto di una dichiarazione anti-cinese del dipartimento di Stato. Marcare insieme agli alleati la doppia presenza, sul Pacifico e sull’Indiano, serve a ricordare a Pechino che il controllo talassocratico dei mari è ancora in mano a Washington — per le sue capacità di proiettare la forza militare a centinaia di chilometri da casa (con rapidità e funzionalità, nuovo impegno del Pentagono) e di raccogliere partnership regionali (e non) interessate ancora dall’attrazione gravitazionale americana.

(Foto: Twitter, @USPacificFleet)

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