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Geopolitica e strategia russe nel futuro (anche nella Nato). L’analisi di Valori

La dottrina militare russa è in stretta correlazione, evidentemente, con la sicurezza europea, il che è ovvio anche dopo la guerra fredda e comunque è del tutto indipendente dalla conformazione politica interna del regime russo.

Quindi, studiare l’evoluzione della dottrina militare di Mosca significa prevedere, a contrario, gran parte del futuro strategico dell’Europa e, ovviamente, anche della Nato.

Futuro strategico che si lega ancora a quello Usa, e non solo all’interno dell’Alleanza Atlantica, ma che vive situazioni che, nella guerra fredda, sarebbero state inimmaginabili: la destabilizzazione del Mediterraneo, il jihad, la tensione Iran-sauditi, il nuovo ruolo di Israele, le più o meno artificiali “primavere arabe”, la nuova emigrazione dall’Africa sub-sahariana e, infine, la Nuova Via della Seta cinese.

Tutte possibili minacce sub-militari, salvo il ruolo di Israele, ovviamente, ma che moltiplicano i fuochi di tensione mentre la Nato si riconcentra sullo scontro Est-Ovest, mettendo quindi in mano proprio all’Est una panoplia di possibili strumenti che vengono automaticamente sottratti all’Ovest.

L’ultima dottrina militare russa completa è stata, comunque, resa pubblica il giorno di Natale del 2015.

Prima della partecipazione di Mosca alla guerra in Siria, quindi, anche prima della nuova proiezione di potenza russa nel Mediterraneo, in parte derivata dal relativo successo di Mosca proprio in Siria, insomma l’ultima dottrina di Mosca è stata pensata in una fase ben diversa del confronto Est-Ovest.

Da non dimenticare nemmeno, come è invece accaduto ad Ovest nel 2018 e successivamente, lo sviluppo russo di armi evolute a medio-lungo raggio, capaci, almeno come dicono proprio i tecnici russi, di colpire l’Alleanza Atlantica e gli Usa senza preavviso, senza l’innesco di equilibri di tipo N e con la massima rapidità ed efficacia.

Si tratterebbe, in questo caso, di ben sette programmi di armi strategiche, in gran parte già noti.

Poi, è stato messo da parte l’Inf, da parte degli Usa, inoltre l’Intermediate Range Nuclear Forces Treaty, il nuovo Start (Strategic Reduction Treaty) è attualmente ben lontano dall’essere definito, la stessa retorica dello scontro tra i due ormai ex-imperi militari sembra arrivata ai massimi, posta ormai tra retorica e realtà.

Due cicli di sanzioni, per la Siria e l’Ucraina, sono state già decise dall’amministrazione Trump, sia per l’avvelenamento, dell’ex agente dell’FSB Skripal, avvenuto in Gran Bretagna, avvenuto nel 2018, sia per l’uso, anche in altre situazioni, della sostanza nervina Novichok.

Non siamo in grado di valutare la fondatezza di queste accuse, ovviamente, ma è interessante come queste due fasi sanzionistiche siano state originate da un probabile o presunto attacco dei Servizi (Servizi, non FF.AA.) russi contro dei loro ex-agenti.

In ogni caso, il 2020 è sempre un punto di arrivo per i programmatori militari russi. Dalla dottrina elaborata quest’anno saranno decise molte cose, nei rapporti tra Est e Ovest.

Prima, con l’inizio della riforma militare Serdyukov-Makarov, 1,35 milioni di militari avevano al loro interno ben 52.000 elementi che si occupavano di solo comando-controllo, ma di tipo tradizionale e burocratico.

Ma la reale potenza e quantità di forze russe davvero combat-ready non superava le 100.000 unità.

Quindi, solo il 13% delle forze era, in media, pronto al combattimento. Nell’Esercito, si arrivava al 17%, nell’Aviazione addirittura il 7%, nella Marina si raggiungeva il 70%.

Nelle Forze Missilistiche Spaziali e strategiche, comunque, si arrivava già al 100% di elementi combat-ready.

Il 55% degli armamenti era comunque obsoleto, e a vari livelli. Le idee geopolitiche e strategiche di Mosca, dopo questa riforma, sono però ancora le stesse: il contenimento della Nato lo si può realizzare solo con la deterrenza procurata dall’arma atomica che, inoltre, l’evoluzione dottrinale va verso il network-centric warfare di tradizione Usa, che poi il futuro delle Forze russe va infine verso una loro specializzazione nel settore della contro-guerriglia e della organizzazione tecnologica e operativa di piccole unità.

Poi, le operazioni del futuro non sono destinate ad eliminare il nemico solo fisicamente, ma anche psicologicamente, culturalmente e nei suoi rapporti stabili con la popolazione civile. Un elemento, questo, tipicamente “ibrido”.

Nella gerarchia delle minacce, vi sono, secondo i programmatori attuali di Mosca, gli scontri nello Spazio Post-Sovietico.

Inoltre, Mosca è particolarmente interessata alla stabilità dell’Abkhazia e dell’Ossezia Meridionale, poi i programmatori russi immaginano anche uno “scenario Falklands” per le isole Kurili, posto in atto dal Giappone.

Senza dimenticare nemmeno un esplicito “contenimento” della Cina che, ovviamente, non può essere realizzato collegandolo con una minaccia nucleare.

I due scenari esterni di interesse primario, sempre per i programmatori militari russi, sono la Repubblica Democratica di Corea e le tensioni in Iran.

Due possibili punti di entrata, questi, in un ristretto spazio strategico russo, nel quale la reazione di Mosca sarebbe immediata, probabilmente perfino di tipo N, e diretta.

Altre minacce potenziali sono, ancora oggi, le operazioni come quelle che furono messe in atto nelle due guerre balcaniche dalla Nato, poi la presenza franco-italo-britannica in Libia, alcune operazioni dirette occidentali verso la Bielorussia e i confini russi, soprattutto nel vecchio spazio tra Nato e area terrestre russa.

Malgrado questa storica tensione, ormai ben nota, a Mosca non si crede che ci sia una qualche probabilità accettabile di scontro tra Nato e Federazione Russa, dato che i russi pensano ancora che la deterrenza N sia ancora, in questo caso, più che sufficiente.

Quindi, gli altri obiettivi strategici della Riforma iniziata nel 2008 sono: la riduzione della Forza disponibile a solo 1 milione di uomini, l’eliminazione delle Forze a bassa utilizzabilità, riduzione del numero di ufficiali, una nuova catena di comando e controllo.

Poi, certamente, arrivare al 100% di forze combat ready, aumentare l’outsourcing di materiali e attività non-essenziali verso le strutture civili, un nuovo programma di armamenti per il 2020. Per aggiornare il 70% del materiale, peraltro. E siamo arrivati a oggi, il 2020.

In gran parte, dobbiamo dirlo subito, queste riforme, dal 2008 a oggi, hanno avuto successo.

Quindi, cambia anche qualche aspetto non trascurabile della dottrina strategica russa.

Si è soprattutto radicalizzato, secondo le idee di Mosca, l’atteggiamento degli Usa e della Nato.

Soprattutto con l’uso “rafforzato” delle sanzioni, poi con la diffusione delle “rivoluzioni colorate” nello spazio post–sovietico, diffusione che al Cremlino viene letta proprio come se essa fosse la “guerra ibrida” degli occidentali, infine l’aumento dei conflitti interstatali nelle aree contese, tra l’Asia Centrale e i confini di Georgia, Ucraina, Bielorussia.

In effetti, alcuni gruppi militari, soprattutto negli Usa, hanno esplicitamente affermato di voler di nuovo “intimidire” la Federazione Russa, per poi fare del containment secondo la tradizione della guerra fredda e del vecchio “Telegramma” inviato da “X”, ovvero George Kennan, nell’ormai lontano 1947.

Sfiducia russa verso l’Occidente che, comunque, Mosca ha già ampiamente dimostrato, sia nelle dottrine militari del 2015 (l’anno dell’impegno in Siria) che nel successivo “Concetto di Politica Estera” del 2006.

Qui, i piccoli cambiamenti terminologici e dottrinali sono sempre decisivi.

La dottrina Gerasimov, di cui abbiamo già parlato, ha sottolineato, e proprio fin dal 2015, che “sta aumentando l’uso di misure non-militari per tutto lo spettro dei nuovi conflitti”.

Era quello, in effetti, il meccanismo utilizzato da Mosca in Siria, in primo luogo, poi in Ucraina e, probabilmente, anche in Venezuela e altrove.

Quindi, una strategia da “difesa integrata”, che unifica azioni politiche e non direttamente militari con le operazioni di carattere convenzionale o perfino di azioni di psywar evoluta o di azioni di commando. Visibili o invisibili.

Gerasimov l’ha definita “una strategia che depotenzia pro-attivamente le minacce alla sicurezza dello Stato”.

Quindi, troviamo qui un rafforzamento della difesa territoriale, oltre al coordinamento delle azioni di varie agenzie statuali, tra intelligence e organizzazioni della cosiddetta “società civile”.

Si è parlato, in questo senso, anche della “strategia dell’azione limitata”.

Originariamente è un termine che veniva utilizzato per definire proprio le operazioni russe in Siria, significa condurre una guerra sempre con obiettivi limitati, usando solo una parte del potenziale militare e solo certi gruppi delle FF.AA., colpendo selettivamente solo alcuni selezionati oggetti, obiettivi e gruppi appartenenti al nemico. Gruppi, comunque, non necessariamente militari.

Operazioni, queste, sempre joint, anche con l’uso di armi N, che devono essere impiegate a un livello tale da non innescare la contromossa equalizzatrice dell’avversario.

La dottrina russa del 2014, peraltro, menzionava per la prima volta anche le compagnie militari private, definite genericamente come “una caratteristica dei conflitti moderni”.

Le compagnie private saranno, come dice sempre Gerasimov, “una componente del numero di attori militari sul campo, numero che va sempre crescendo”.

Come i gruppi guerriglieri, i “quasi-Stati”, le FF.AA. degli Stati. Tutti operatori sul campo di battaglia alo stesso livello di quelli “classici”.

In questo contesto, Mosca utilizzerà sempre di più proprio le compagnie militari private, che permettono ai programmatori del Cremlino una non completa titolarità delle operazioni e, in particolare, la possibilità di attribuire operazioni tattiche importanti alla sola volontà dei loro “collaboratori” privati.

Il punto primario, tra il propagandistico e lo strategico, è, per Mosca, l’abbandono, da parte degli Usa, del Trattato Inf.

Con la prossima dottrina, Mosca ripeterà il proprio interesse a riprendere con gli Usa un trattato completo di tipo Start, ma per quel che riguarda la questione nucleare, il criterio è quello classico: “il lancio subito dopo un attacco” di tipo N, oppure di una operazione convenzionale che metta in crisi lo stato russo.

Qui il ruolo delle nuove armi sarà comunque determinante. I russi hanno a disposizione il nuovo missile Khinzal, balistico aria-terra o aria-aria, autolanciato, ipersonico e di alta precisione.

Poi c’è a disposizione per i russi l’Avangard, Objekt 42020, motoaliante ipersonico che può essere trasportato da missili balistici continentali, o ancora è operativo anche il Burevestnik, Novator 9M730, missile superficie-superficie a propulsione nucleare, ma ci sono alcune altre armi in fase di verifica avanzata.

Poi, ci sono evoluzioni significative nella robotica militare, nei supercomputers, nei sistemi di decisione semi-automatizzati, e anche questa è una faccia della guerra futura: l’utilizzazione, sempre per dirla con Gerasimov, di “armi di alta precisione e di strumenti robotici”.

È la faccia tecnologica della guerra ibrida.

Dall’altra parte, gli strateghi di Washington sostengono, in un misto di vecchie e nuove teorie, che “chi controlla la Russia, controlla il mondo”, una riedizione del vecchio adagio di Mackinder.

Non ci sarà, probabilmente, nessuna indicazione, nella prossima dottrina russa, sulla Nato o sugli Stati Uniti come “minacce militari ai confini russi”, ma entrambe le entità strategiche occidentali saranno pensate come semplici “pericoli”.

E la prossima dottrina militare russa si occuperà anche di strumenti non-militari, che saranno probabilmente coordinati da una struttura ad hoc che unisce comandi militari tradizionali e intelligence, oltre che, con la massima probabilità, un comando integrato per le operazioni di psyops di tipo politico.

Poi, soprattutto le nuove armi ipersoniche e ad altissima tecnologia saranno utilizzate per minacce “sub-ottimali” verso gli avversari, senza dover passare alle WMD o all’arma N, piccola o grande che sia, e per modificare non solo lo spazio militare e strategico, ma soprattutto la composizione politica delle forze nemiche sul terreno.

Avremo una teoria della minaccia strategica e della egemonia politica dello spettro militare, che implicherà un insieme di strumenti, organizzazioni, operazioni che oggi è perfino difficile immaginare.



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