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Fermi tutti! Ecco come il governo blocca la corsa di Huawei e Zte per il 5G italiano

sicurezza

Non c’è una formale messa al bando di Huawei e Zte ma nella sostanza lo stop c’è, ed è fortissimo. La stretta del governo italiano sul 5G cinese passa attraverso un documento di tre pagine allegato alla pila di fogli che ha riempito il tavolo del Consiglio dei ministri lunedì 6 luglio.

Si tratta di linee guida, stilate dalla segreteria generale di Palazzo Chigi e dalla commissione di esperti sul Golden power, in accordo con il Dis, per richiedere nuove, stringenti misure agli operatori delle telco italiane che di fatto rendono insostenibile, se non impossibile, la collaborazione con aziende cinesi nella rete 5G.

Il documento, gelosamente protetto dai funzionari di Palazzo Chigi e consegnato esclusivamente ai vertici delle principali compagnie di telecomunicazioni italiane, stila una lista di previsioni obbligatorie per gli operatori che lavorano con fornitori “extra-Ue”.

Esclusi dunque i campioni europei, come Nokia ed Ericsson. Inclusi, in teoria, quelli americani, anche se nel mercato italiano come in gran parte di quello europeo gli unici fornitori extra Ue a competere sono quelli cinesi, Huawei e Zte in testa.

Sono proprio loro che ora rischiano di finire soffocati fra le nuove maglie normative. Tra le novità del monitoraggio obbligatorio, la previsione di poter avere accesso al codice sorgente della rete 5G dei fornitori extra Ue. Spesso chiamata in causa dagli stessi operatori come possibile soluzione per aumentare la sicurezza della rete, la eventuale consegna del codice sorgente (non una tantum, ma potenzialmente ripetuta nel tempo) non era mai stata messa nero su bianco dalla presidenza del Consiglio.

Fra le altre novità, l’obbligo per gli operatori di fornire a Palazzo Chigi un aggiornamento su base settimanale con controlli ripetuti sull’equipaggiamento utilizzato per la rete. Anche in questo caso, una stretta non banale rispetto alla routine cui sono stati abituati finora.

La lista di regole, confida un alto funzionario di Palazzo Chigi a Formiche.net sotto anonimato, è “a dir poco proibitiva” non tanto per i fornitori, quanto per gli operatori che scelgano di operare con realtà cinesi come Huawei o Zte.

Il vantaggio competitivo che alcuni di questi soggetti vantano sul mercato sarebbe insomma annullato da quelle tre, nuove pagine di linee guida cui invece sfuggono operatori europei come Ericsson e Nokia. “La partita per la sicurezza 5G è appena iniziata, ma lunedì si è posta una pietra importante” confida il funzionario, secondo cui “mancano ancora le condizioni politiche” per un chiaro posizionamento del governo contro il 5G cinese.

Il Cdm di una settimana fa, insomma, ha fatto da game changer per la partita per il 5G. In quella stessa seduta, come svelato da Formiche.net, il governo ha deciso di utilizzare i poteri del Golden power sulla fornitura di Huawei a Tim e Windtre, dopo un confronto acceso fra ministri del Pd (Enzo Amendola e Lorenzo Guerini su tutti) e alcuni esponenti del Movimento Cinque Stelle.

Le prescrizioni stabilite del governo a carico per ora di Tim e Windtre saranno naturalmente una matrice che sarà estesa a tutti gli operatori che notificheranno le possibili forniture tecnologiche considerate strategiche dalla normativa Golden power.

A brindare per il nuovo orientamento di Palazzo Chigi c’è il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza nazionale, che aveva chiesto una esplicita messa al bando di Huawei e Zte. Insieme alla notizia della scelta di Tim di non invitare Huawei alla gara per la rete 5G “core” in Brasile e Italia, per il Paese si tratta di un robusto cambio di rotta nel rapporto con la Cina. La domanda nei palazzi romani ora è: “Come reagiranno a Pechino?”.


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