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L’emergenza immigrazione e l’insofferenza dei cittadini. Il punto di Vespa

Il problema sembra riguardare solo la Sicilia mentre altrove si litiga per i fondi europei o si lanciano allarmi per un aumento di contagi da Covid, anche se forse tutto si tiene. Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha chiesto lo stato d’emergenza dopo le centinaia di migranti sbarcati a Lampedusa negli ultimi giorni che fanno collassare l’hotspot isolano e che costringono a trasferimenti d’urgenza verso Porto Empedocle. Gli arrivi creano problemi “sanitari, sociali ed economici”, per citare Musumeci, e si incrociano le dita ogni volta che si attendono gli esiti dei tamponi.

La polemica nei confronti del governo, in particolare da parte del sindaco di Lampedusa, Salvatore Martello, non è nuova anche perché nelle ultime settimane non risulta che il presidente del Consiglio abbia dato cenni di attenzione. La questione si complica perché è collegata alle conseguenze dell’emergenza virus: da un lato c’è il blocco della redistribuzione in Europa, dall’altro il Patto per le migrazioni, del quale si sarebbe dovuto discutere nel semestre a presidenza tedesca, rischia di essere rinviato di parecchio anche per evitare ulteriori divisioni tra i governi impegnati nelle discussioni su Recovery fund e Fondo salva Stati.

In un question time dell’11 giugno il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, aveva detto che “nel periodo di vigenza del meccanismo di Malta, interrotto per il coronavirus, sono stati trasferiti 540 migranti, pari all’86 per cento delle ricollocazioni effettuate in totale, con una concentrazione nel periodo dicembre-febbraio. Prima dell’accordo di Malta erano state ricollocate complessivamente 85 unità”.

Il ministro aveva aggiunto di aver ricevuto “segnali positivi per arrivare a linee guida europee sull’attività di ricerca e soccorso condotta nel Mediterraneo da ong, in modo da arrivare a standard tecnici omogenei e responsabilizzare gli Stati di bandiera” e che il 5 giugno “l’Italia ed altri quattro Paesi mediterranei hanno chiesto alla Commissione un meccanismo obbligatorio e automatico sulle richieste d’asilo per ogni Stato membro”.

Nonostante le buone intenzioni manifestate anche nel pieno dell’emergenza, al momento non c’è traccia del tema immigrazione negli ordini del giorno delle riunioni europee in programma nelle prossime settimane. Ha quindi gioco facile Matteo Salvini nel rilevare che in dieci giorni ci sono stati 1.317 arrivi contro i 1.088 dell’intero mese di luglio 2019 quando era ministro dell’Interno.

I numeri non mentono, anche se i decreti sicurezza possono bloccare le navi mentre la gran parte degli arrivi di queste settimane avviene con barchini di fortuna che sbucano all’improvviso davanti a Lampedusa. Al 10 luglio gli arrivi sono stati 8.087 rispetto ai 3.165 dell’anno scorso: se i tunisini sono già 1.833, la diplomazia dovrebbe cercare una soluzione con il governo di Tunisi le cui autorità doganali hanno bloccato altre 17 persone pronte a partire.

L’attenzione concentrata sulla Sicilia fa dimenticare altre aree da monitorare. Nel Salento, per esempio, sono stati rintracciati 36 pakistani giunti su un’imbarcazione non individuata (recentemente altri avevano usato una barca a vela); al confine con la Slovenia riescono a passare soprattutto afghani che usano la rotta balcanica; in Sardegna, meta degli algerini, il sindacato di polizia Sap ha denunciato un andirivieni di ospiti del centro di prima accoglienza di Monastir che, pur se negativi al tampone per il virus, aumentano l’insicurezza della comunità locale.

Mentre le polemiche crescono di pari passo con gli sbarchi, si attende il vertice di maggioranza decisivo per stabilire le modifiche ai decreti sicurezza di Salvini: si parte dalle osservazioni del presidente della Repubblica e non si sa ancora dove si arriverà. Su questo è molto interessante leggere alcuni commenti dei lettori su Repubblica.it, testata certamente non salviniana, dopo le dichiarazioni del ministro Lamorgese sui rischi per l’ordine pubblico in autunno e sui decreti sicurezza.

Pur nascondendosi qualche volta dietro a pseudonimi, non mancano critiche nette: “Cioè (il ministro, ndr) è consapevole che i prossimi mesi saranno durissimi per gli italiani e al contempo vuole favorire gli immigrati? Ma non ha un minimo di decenza?” è la prima reazione.

“I decreti Salvini devono rimanere, costituiscono un argine contro i clandestini – scrive un altro lettore -. Su questo tema il governo non è in linea con l’opinione pubblica che degli immigrati è stufa”. Un terzo aggiunge: “Basta confrontare il numero degli sbarchi con la ministra e quello con l’ex ministro. Questo governo è pericoloso”.

Difficile che siano tutti hacker leghisti. Il ministro Lamorgese, che è un tecnico, deve districarsi nel duello tra le forze di governo: in quei decreti diverse norme vanno modificate, ma il compito più difficile sarà trovare il giusto equilibrio tra diritti e sicurezza.


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