Il partito/milizia libanese Hezbollah ha annunciato martedì sera che Ali Kamel Mohsen Jawad, un membro operativo, è stato ucciso in presunti attacchi aerei israeliani a Damasco nella notte di lunedì. Jawad era uno dei cinque militanti uccisi (altri quattro feriti) nel bombardamento: secondo molte fonti nessuno di loro era siriano.
Seguire questi raid di Israele contro le dinamiche del regime siriano è interessante perché sono una costante pluriennale: Gerusalemme vuole evitare che la Siria diventi una piattaforma militare iraniana, e nello specifico vuole evitare che gli iraniani riforniscano i gruppi collegati (come Hezbollah) con armi poi sofisticate. È una guerra regionale tra Israele e Iran che procede in slow-motion e per canali clandestini. Un aspetto molto delicato per la stabilità soprattutto futura.
Lunedì, in tarda serata, i missili sarebbero caduti nella fascia Meridionale di Damasco: a Jabal al Mane, vicino alla città di Kiswa, dove unità dei Pasdaran che puntellano il regime sono state a lungo acquartierate; a Muqaylabiya e Zakiya sempre vicino a Kiswa, dove Hezbollah ha caserme condivise con altre milizie filo-Tehran. Obiettivi: depositi di armi. L’attacco è partito da Majdal Shams, sulle alture del Golan: Israele usa spesso questo genere di azioni a distanza, possibili tramite missili a planata. Attacchi sicuri, a distanza dalla contraerea, che secondo l’accordo di cooperazione militare tra Iran e Siria firmato nelle scorse settimane dovrebbe essere stata potenziata.
Secondo al Arabiya, anche elicotteri avrebbero preso parte ad alcuni degli attacchi di lunedì sera e sono stati presi di mira i sistemi di difesa aerea siriani. Era dal 27 giugno che non si registravano questo generi di attacchi: in quel giorno, erano stati uccisi nove miliziani filo-iraniani ad al-Bukamal, nella provincia di Deir Ezzor. Giugno è stato un mese in cui queste operazioni clandestine avevano preso una cadenza quasi settimanale, come ricorda il Jerusalem Post.
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