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Perché in Iran la leadership è spalle al muro

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“Non a Gaza, non in Libano, la mia vita è in Iran”: nella serata di giovedì per le strade della Repubblica islamica, a Behbahan e Shiraz, sono tornati gli slogan con cui i manifestanti a fine 2019 contestavano la teocrazia. “Non a Gaza, non in Libano” significa che quei cittadini chiedono alla leadership di concentrarsi su di loro, sul Paese, e non sugli onerosi investimenti esteri. Ossia contestano il piano di diffusione regionale attraverso partiti/milizia finanziati in Libano, Iraq, Siria, Afghanistan, Yemen, Gaza pensato dalla Guida e architettato dal defunto Qassem Soleimani con l’intento di strutturare un sistema di controllo geopolitico persiano.

Questo genere di proteste sono molto rischiose in Iran, e non più tardi di questa settimana c‘è stato il caso della condanna a morte di tre ventenni accusati per fatti avvenuti durante i moti del novembre scorso. “Vandalismo” e “atti di guerra” contro il regime, ha decretato la Corte suprema, perché avrebbero assaltato un distributore di benzina e passato immagini delle manifestazioni ai giornali internazionali — questa seconda motivazione è ben più grave, perché quello che fa il regime iraniano quando ci sono problemi è chiudersi, per evitare che se ne parli, soprattutto all’estero, dove la leadership di Teheran vuol proiettare un’immagine di sé grandiosa e muscolare. Giovedì, prima di un blocco di internet imposto dal governo, c’è stata una campagna online globale senza precedenti per chiedere di bloccare la sentenza della Corte suprema: hanno aderito milioni di semplici cittadini e personalità e sono riusciti a rimandare la condanna.

Per questo le manifestazioni di ieri sera — fermate dalla polizia con la forza — assumono un significato ulteriormente importante. Chi scende in strada sa di rischiare la vita. Tanto più in questo momento, in cui strani episodi si susseguono da settimane e si parla con insistenza di sabotaggi (opera interna o qualche azione da fuori; oppure un’operazione mista, dove una qualche intelligence nemica ha sfruttato spazi aperti dalle opposizioni iraniane). Giovedì, per esempio, un guasto elettrico ha provocato un incendio al mercato Aladdin di Teheran, mentre nella notte precedente è andata in fiamme la fabbrica di alluminio Lamard (provincia di Fars) e poche ore prima sette imbarcazioni a Bushehr. Ultimi episodi di una serie che Formiche.net segue con costanza, a cui si aggiunge un pezzo: secondo una rivelazione di Yahoo News, la Casa Bianca dal 2018 avrebbe autorizzato la Cia a compiere operazioni di sabotaggio in Paesi nemici. Tra questi c’è l’Iran.

 

 

 

 

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