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Libia, ecco perché Mosca riapre la missione diplomatica

Al termine di un incontro con Agila Saleh, il presidente del parlamento libico (l’HoR riconosciuto dall’Onu), il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha annunciato che prossimamente Mosca avrà un incaricato di affari diplomatici per la Libia. Sarà Jamshed Boltaev, feluca esperta di affari nordafricani, già console a Hurghada, che lavorerà dalla Tunisia. La destinazione è usuale: escluso Italia e Turchia, sono pochi i Paesi ad avere attiva un’ambasciata sul suolo libico, e molte nazioni hanno scelto Tunisi come sede delle loro missioni (tra queste, per esempio, gli Stati Uniti). Lavrov ha comunque garantito che la sede è “temporanea” e nelle sue mansioni c’è la missione diplomatica in Libia.

Mosca conferma un interessamento per il Paese nordafricano — e in generale per le dinamiche regionali che sboccano sul Mediterraneo. La Libia per la Russia è un terreno in cui giocare una partita velenosa a danno dell’Europa (e in partnership con alleati cine Egitto ed Emirati Arabi, sponsor della Cirenaica, e in doppio volto con la Turchia, player principale dietro a Tripli).

Per questo il Cremlino ha spinto per strutturare un posizionamento. Dall’appoggio alle (impossibili) ambizioni del signore della guerra dell’Est, Khalifa Haftar, Mosca è passata al dispiegamento militare ad al Jufra, alle porte della Cirenaica, e all’occupazione di un campo pozzi nella zona centro-occidentale. La riapertura della missione diplomatica chiude il giro di questa presenza ibrida. Un mix di prove di forza, interferenze e attività politico-diplomatiche.

L’ambasciata russa a Tripoli era stata chiusa nel 2013, poco dopo aver subito un tentativo di attentato. Un aggressore aveva superato il primo livello difensivo della residenza dell’ambasciatore, per poi essere fermato dai militari libici. Da quel momento i russi — in aperta critica con la “destabilizzazione voluta dall’Occidente”, cioè la caduta di Gheddafi — avevano ritirato il personale (citando anche come preoccupazioni il drammatico caso avvenuto l’anno precedente nel consolato statunitense di Bengazi).

Ora, evidentemente, per Mosca le situazione è cambiata: la destabilizzazione libica è un fenomeno su cui il Cremlino ha un controllo sempre maggiore, e può garantire maggiore sicurezza ai propri funzionari. La Russia vuole dimostrare di essere parte della partita internazionale libica sotto tutto i punti di vista. Nella sua visita russa, Saleh era accompagnato da alcune figure vicine ad Haftar.



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