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Chi ha colpito gli interessi turchi in Libia? Il bombardamento ad al Watiya

Dal Gna, il governo onusiano di Tripoli, una fonte fa sapere con discrezione che sono stati “aerei emiratini” a bombardare l’area attorno alla grande base di al Watiya domenica 5 luglio. L’installazione militare (la più grande del Nordafrica) si trova verso il confine della Tunisia, a ovest della capitale. È stata un nodo tattico per il tentativo di avanzata haftariana, ed ora che il signore della guerra dell’Est è stato costretto a ritirarsi dalla Tripolitania, i turchi — che quella ritirata l’hanno permessa sostenendo militarmente il Gna — intendono usare la base come avamposto strategico che dalla Libia affaccia sul Mediterraneo.

Un’ambizione che si scontra completamente con le volontà dei nemici di Ankara, che sfruttano il terreno libico anche come area per regolare i conti. Gli Emirati Arabi, insieme all’Arabia Saudita, competono con la Turchia per la dominazione dell’Islam sunnita, e appoggiando la Cirenaica hanno trovato sfogo militare a questa contesa. Che è diventata guerra geopolitica, e ha allargato i propri orizzonti al Mediterraneo. Gli Emirati, in partnership con l’Egitto (alleato interessato alla partita intra-sunnismo e tanto più alla crisi nel vicinato libico) vogliono usare il bacino per proiezione di influenza, collegandolo all’uso (ben pagato) di Suez e del Corno d’Africa. La Turchia cerca sbocchi marittimi oltre il Bosforo e per quelle acque e quelle contese (vedasi Grecia e Cipro) deve passare. Piantarsi in Libia, al centro del quadrante, ha quindi un gran valore per tutti.

Il bombardamento ad al Watiya non è dunque solo un atto di guerra recente in mezzo a una fase di stand by che avrebbe (teoricamente) dovuto accompagnare il grande processo di stabilizzazione e cauterizzazione delle influenze esterne a beneficio dei libici (gli unici a subire il peso della guerra). È, di più, il segno che il meta-conflitto libico è ancora in corso e si muove su direttrici più pericolose che non hanno interessi se non nel mantenere a bassa intensitá lo scontro. Nei giorni scorsi nella base erano arrivati i sistemi anti-aerei Hawk turchi, che avrebbero in teoria difeso i genieri (arrivati anch’essi) per sistemare lo scalo mediterraneo di Ankara. Non solo, ma in questi stessi giorni una folta delegazione militare, guidata dal ministro della Difesa turco, era andata a Tripoli e Misurata per parlare di futura presenza turca al fianco del Gna. Ed è inevitabile non ricollegare a questi passaggi l’attacco ad al Watiya (su cui ci sono più che sospetti di un coinvolgimento anche egiziano, diretto o logistico, d’altronde come ha scritto l’esperto Wolfram Lacher in un saggio uscito su War On The Rocks qualche mese fa, “Quando una bomba cade dai cieli della Libia, inizia il gioco d’ipotesi di chi l’ha lanciata”).

Il dispiegamento militare turco in Libia è anche oggetto di linee rosse da parte degli alleati Nato. La Francia lo considera una violazione insostenibile, e forse in questo ci rientra anche la cocente sconfitta nella scommessa clandestina haftariana di Parigi (“I francesi hanno capito che Haftar è diventata una responsabilità e non un vantaggio”, dice un diplomatico occidentale al Financial Times: “Credo che siano imbarazzati perché ancora una volta hanno commesso un errore. Di fronte a questo errore, devono giustificarlo e incolpare la Turchia”). Però anche partner più discreti come Italia e Stati Uniti vogliono evitare soluzioni turche troppo spinte. Secondo fonti del mondo diplomatico che parlano con riservatezza a Formiche.net, Roma e Washington non gradirebbero l’eventuale (e più volte ventilata) presenza di assetti aerei turchi ad al Watiya.

Per dirla semplificata, qualche unità sarebbe tollerata (anche come bilanciamento ai russi in Cirenaica), idem sistemi anti-aerei difensivi, ma si vuole evitare che diventi base in pianta stabile dell’aviazione turca. Troppo vicine le basi italo-americane in Sicilia; troppo delicata la bega in atto con Parigi (tirata in ballo anche come responsabile dell’attacco ad al Watiya da altre ricostruzioni); ancora troppo opachi i reali interessi turchi con Nato e Ue.

Oggi, la direzione per le comunicazioni della presidenza turca ha fatto sapere che la base di al Jufra “è stata designata come nuovo obiettivo militare insieme alla città di Sirte dopo la pulizia di Tripoli e dintorni dagli elementi golpisti di Haftar dalla forze del Governo di accordo nazionale”. Al Jufra è un’installazione alle porte della Cirenaica dove sono posizionati i caccia che la Russia ha spostato in Libia dalla Siria (che per i turchi non sarebbero responsabili del raid ad al Watiya, in quanto condotto da “aerei moderni”, forse UAV o Mirage o Rafale, mentre i jet russi sono di epoca sovietica). Qualche settimana fa, il Cairo aveva indicato eventuali attacchi ad al Jufra come una linea rossa superata la quale l’Egitto sarebbe entrato in guerra.

(Foto: Twitter, @tcsavunma, ministero della difesa turco)

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