“Ci avete divisi”. È ormai nero su bianco, anche se forse non ce n’era davvero bisogno: il solco che separa i gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle con direttivi alle Camere prima e i vertici del partito poi rischia di essere incolmabile. Il punto di rottura arriva con il rinnovo delle presidenze delle Commissioni di Camera e Senato, che secondo l’accordo tra i capigruppo delle forze di governo prevedeva 14 presidenze ai 5 Stelle, 9 al Pd, 4 a IV e 1 a LeU. Accordi presi dai capigruppo Davide Crippa e Francesco Silvestri, che però hanno irritato non poco i gruppi parlamentari 5 Stelle.
Allora, al Senato sono saltati diversi nomi, tra cui quello di Pietro Grasso (LeU) alla presidenza della Commissione Giustizia, ma come dimostra quanto successo alla Camera, soprattutto in commissione Finanze, si tratta di una partita tutta interna al Movimento 5 Stelle. Ad essere eletto come presidente della commissione Finanze, infatti, è stato Luigi Marattin di Italia Viva, nome distantissimo dai 5 Stelle. Per eleggerlo, nella notte, è stato usato un escamotage che ha fatto inorridire molti grillini: la sostituzione di 10 membri solo per una notte, il tempo di eleggere il presidente gradito a pochi. “A trasparire – fa sapere un deputato M5S a Formiche.net – è la totale mancanza di democraticità nei processi decisionali interni al Movimento e la disattenzione del direttivo della Camera nei confronti del gruppo parlamentare”.
Disaccordo anche sulla commissione Affari esteri, ceduta dal Movimento 5 Stelle al Partito democratico (eletto presidente Piero Fassino). “Il gruppo del Movimento Cinque Stelle della commissione Esteri alla Camera dei Deputati esprime all’unanimità il proprio dissenso sull’accordo politico raggiunto che prevede la cessione della Presidenza della Commissione”, si legge in una lettera indirizzata al direttivo M5S. I componenti pentastellati della commissione proseguono richiedendo “che venga rivista la decisione presa”. “Stigmatizziamo – si legge ancora – il metodo, del tutto inedito e lontano dai principi del Movimento, applicato in altre commissioni, che ipotizza la sostituzione di alcuni commissari con il solo scopo di eleggere il nuovo Presidente”.
Una questione tutta interna che vede già le sue prime vittime. Leonardo Donno, capogruppo M5S della commissione Bilancio, ha deciso di dimettersi proprio per questa ragione. “L’esito delle votazioni per il rinnovo degli Uffici di Presidenza delle 14 Commissioni Parlamentari Permanenti, vede il MoVimento 5 Stelle fortemente penalizzato”, ha scritto Donno in una lettera al capogruppo M5S della Camera Davide Crippa comunicando le sue dimissioni “con effetto immediato”.
Le ragioni, quelle che da mesi lamentano molti dei componenti del gruppo M5S, aggiunge la fonte e che lo stesso Donno spiega senza esitazioni: “Ritengo che tale esito (della votazione, ndr), sia frutto di un mancato/scarso coinvolgimento del gruppo parlamentare, portando avanti una trattativa che doveva e poteva avere un esito diverso. Ho trovato poi veramente discutibile l’imposizione di uno ‘spostamento tattico’ di colleghi che non condividevano alcune scelte. Una brutta pagina per il gruppo parlamentare del M5S”.
“Questo direttivo – concludeva Donno nella sua lettera – che aveva buoni propositi all’inizio di questa esperienza), ha di fatto, fallito a causa di autoreferenzialità e mancato ascolto del gruppo parlamentare, imponendo spesso scelte non condivise dai colleghi e dal sottoscritto”. Il primo risultato di dimissioni, lettere pubbliche e rimostranze private è la convocazione, da parte del direttivo di un’assemblea del Gruppo M5S alla Camera.