È ora di passare dalla globalizzazione all’universalità. Non può che essere presentato così il saluto, breve ma importante, che il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha rivolto al collegio degli scrittori de La Civiltà Cattolica quando, pochi giorni fa, li ha ricevuti al Quirinale in occasione del 170esimo anniversario di questa che è anche la più antica rivista italiana.
Era probabilmente un Mattarella più in tensione rispetto a quello odierno, ma con in testa le stesse idee che esprime oggi. Il suo saluto è partito dalla internazionalizzazione della rivista, una scelta che aiuta la qualità del contributo che La Civiltà Cattolica dà alla riflessione necessaria sui problemi che si presentano. E quindi è passato alla pandemia e le sue conseguenze: “La pandemia sta dimostrando a tutti che, nel mondo, siamo legati da una sorte comune, e che abbiamo dei pericoli comuni. Questa considerazione dovrebbe attribuire un sapore di futilità – che risulta tuttora difficile superare e abbandonare – ai motivi di contrasto che invece affannano il mondo”.
Miopie contro visioni, dunque. Qui il Capo dello Stato ha riconosciuto lo specifico contributo che la spiritualità dei gesuiti offre, sottolineando che “occorre sviluppare in profondità il discernimento per comprendere in che modo trasferire nei comportamenti concreti e quotidiani questa percezione che si riscontra – piuttosto indefinita – di una condizione e di un destino comuni”. E il discernimento, è noto, è proprio l’asse fondante non solo di questo pontificato ma la spiritualità ignaziana.
Come Francesco, che il 27 marzo nella famosa preghiera in una Piazza San Pietro deserta parlò della necessità di capire che “siamo tutti sulla stessa barca”, Mattarella ha parlato di un mondo che sembra tentato dall’abbandono delle varie formule di collaborazione internazionale, a partire da quel multilateralismo che è vitale per attenuare gli egoismi dei più forti. E qui il Capo dello Stato ha dato il suo contributo, originale e importantissimo da leggere testualmente soprattutto oggi, in queste ore: “C’è una profonda differenza tra globalizzazione e universalità. La globalizzazione indica una condizione in cui il confronto nel mondo avviene sul terreno dei rapporti di forza: politica, economica, militare, eccetera. L’universalità va invece nel senso della comunanza di destino e di condizioni”. Il discorso sull’universalità come senso di comunanza di destino si trova nelle scelte europee pur andando ovviamente al di là di esse e guardando in una prospettiva davvero globale.
Per questo, ha proseguito Mattarella, occorre capacità di discernimento: “Per realizzarla e viverla, occorre riuscire a far riflettere, a far comprendere, ad avere capacità di discernimento. E, a questo riguardo, quello che fa La Civiltà Cattolica, proponendo su tanti piani – e ormai su tanti fronti culturali e internazionali – strumenti per riflettere e approfondire, è particolarmente prezioso”. Un Paese che vuole riflettere insieme è quello a cui ha dato voce il Presidente, consapevole della rilevanza mondiale del momento: “Non si tratta soltanto di trasmettere idee ma anche di riflettere insieme, con le varie civiltà e culture, sulla sorte del mondo”.