La prima a dare la notizia è stata Jennifer Jacobs ai suoi centonovantamila follower su Twitter: il consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense, Robert O’Brien, ha contratto il coronavirus. La corrispondente dalla Casa Bianca della Bloomberg dice di aver avuto l’informazione tramite “una fonte” coperta da anonimato, la quale le ha anche rivelato che il consigliere, uno dei più intimi collaboratori dello Studio Ovale, crede di essere stato contagiato in famiglia. È isolato a casa, e a quanto pare continua a lavorare da remoto.
È il collaboratore più vicino a Donald Trump a essere risultato positivo, ma non è l’unico. Il virus — che ha colpito gli Stati Uniti come nessun altro Paese al mondo — ha già infettato diversi funzionari di secondo ordine della Casa Bianca, dimostrando la difficoltà di tenere a bada i contagi nel cuore del potere americano.
La Casa Bianca utilizza un metodo di contact tracing riservato ed effettua test rapidi utilizzando un tampone degli Abbott Labs che dà il risultato in 15 minuti. L’obiettivo ovvio è proteggere il presidente e il suo vice, ossia tenere al sicuro la catena di comando. Trump, che recentemente ha aumentato il suo impegno nella partita contro la pandemia, ha dimostrato finora la volontà di minimizzare gli effetti dell’epidemia. Ma secondo quanto scritto dai media americani, sembra che in privato esiga il rigido comportamento delle norme sanitarie di prevenzione (vuole che si indossi la mascherina, che tutti si igienizzino le mani, che si mantengano le social distancing, e si riducano incontri e assembramenti).
È presumibile che O’Brien abbia avuto diverse riunioni con il presidente in questi giorni, così come è noto che il consigliere abbia compiuto un meeting diplomatico europeo per vedersi a Parigi con gli omologhi di Francia, Regno Unito, Italia e Germania.
(Foto: Twitter, @WHNSC, O’Brien durante un incontro con i giornalisti il 16/07)