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Orban diventa filo italiano al Consiglio europeo, ma è solo una finta

A complicare il Consiglio europeo non c’è solo l’entità del piano di salvataggio post pandemia né le famose condizionalità economiche che monopolizzano l’attenzione in Italia insieme al nodo della governance. Uno degli ostacoli dei tre giorni di summit tra capi di Stato e di governo dell’Unione è il nodo dello stato di diritto. Il “rule of law” fa parte delle condizioni alle quali la proposta di Charles Michel, presidente dello stesso Consiglio, ha legato l’erogazione di risorse europee non solo nell’ambito del Recovery fund, ma in generale nel prossimo ciclo di bilancio 2021. In sostanza l’intenzione è di sospendere le erogazioni di risorse europee ai paesi che escono dal perimetro della democrazia, violando il principio della legalità. Comportamenti che vanno da politiche contrarie ai valori fondanti dell’Europa a frodi e irregolarità nell’uso di fondi europei.

Se sull’entità del piano e sui contributi nazionali i “frugali” guidati da Olanda e Austria avevano trovato una sponda nei Paesi dell’Est, su questo principio il fronte si è rotto. Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha detto che non accetterà un meccanismo che condizioni il rispetto dello Stato di diritto all’erogazione di fondi europei. Il presidente Ungherese Viktor Orban, sempre per lo stesso motivo ha puntato i piedi, giocando la carta dei tempi che si devono necessariamente allungare se si dovrà inserire la clausola sulla “rule of law”. Poi ha attaccato il premier Olandese, difendendo la posizione italiana sulla governance del Recovery plan sostenendo che “Rutte è responsabile del caos”.

Mossa tattica, più che un posizionamento vero e proprio. Rutte ha presentato una mozione che include tra le condizionalità anche il rispetto dello stato di diritto. Orban ha accusato i leader europei di rifiutare una richiesta ungherese di accelerare una procedura su questo tema avviata contro l’Ungheria. Il premier ungherese cerca di evitare intromissioni dell’Unione europea e cerca di ricostituire il fronte con Austria e Olanda e i paesi del Nord che su altri temi, ad esempio sull’immigrazione e sui contributi degli stati al bilancio Ue, aveva funzionato.

L’essere accomunato al presidente ungherese non è un buon affare per il premier italiano Giuseppe Conte. Forse non è un caso che Palazzo Chigi si sia prodigato a diffondere la foto di Conte al tavolo con Angela Merkel, Emanuel Macron, Pedro Sanchez e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Come dire, il nucleo dell’Unione è ancora saldo e l’italia non ha bisogno di alleati a Est.

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