Il caos commissioni è dipeso da una storia travagliata di questo governo, che non si può dimenticare. Eppure incidenti di percorso come questi non mettono a rischio la stabilità del governo, che è e sarà compatto quando si tratterà di portare avanti le riforme strutturali propedeutiche alla gestione dei fondi europei. Ne è convinta Alessia Rotta, deputata del Partito democratico appena eletta presidente della commissione Ambiente in una nottata che ha riservato, sul tema commissioni, più di un colpo di scena. Colpi di scena che derivano più dalla naturale diversità della compagine parlamentare del Movimento 5 Stelle, spiega Rotta, che da tensioni di governo, ed è per questo che si dice tranquilla sulla prosecuzione della legislatura.
Ieri sera è stata eletta presidente della commissione Ambiente, una sorpresa. Che è successo?
Non mi aspettavo la guida di questa commissione e sono onorata di aver ricevuto un incarico così importante. Credo di essere stata scelta anche in virtù delle mie esperienze parlamentari precedenti: sono stata vicepresidente vicaria del Partito democratico e ho fatto parte di diverse commissioni nella scorsa legislatura e, in particolare, sui temi ambientali come parlamentare veneta ho lavorato molto.
Ci fa qualche esempio?
Penso in modo specifico a tre questioni che ho seguito da vicino: la drammatica vicenda Pfas, il progetto per il nuovo collettore del Garda e l’annosa vicenda della discarica Pescantina. Grazie al lavoro mio e dei colleghi siamo riusciti, nel corso degli ultimi anni, a far arrivare risorse per circa 250 milioni di euro per un complessivo risanamento ambientale. Quindi, ecco una parte delle ragioni di questa scelta risiede in queste motivazioni.
L’altra parte, invece?
Al di là del toto nomi e dei retroscena, c’era un tema di equilibri interni alla maggioranza. E questa è una dinamica parlamentare consolidata che non afferisce esclusivamente a questa maggioranza. Con il Movimento 5 Stelle si era deciso di lasciare a loro la guida delle commissioni in cui già erano presidenti e di subentrare invece in quelle della Lega, così come è stato nel mio caso. Il Pd ha scelto alcune commissioni perché riteniamo importante presidiare dei temi per noi fondamentali rispetto al futuro: ambiente, opere pubbliche, lavoro e attività produttive.
La maggioranza si è mostrata più che compatta sullo scostamento di bilancio, ma quando si muove a scrutinio segreto emergono i mal di pancia. Questo non rischia di mettere in crisi una linea programmatica chiara, ad esempio, sulla gestione delle prossime risorse che arriveranno dall’Europa?
Credo si debba rigirare il ragionamento: in virtù di una stagione programmatica così importante come quella che ci troviamo di fronte, non solo è possibile ma necessario ritrovare compattezza. Gli incidenti come quelli di ieri sono figli di una storia travagliata. Parliamo di un partito, il Movimento 5 Stelle, che è arrivato in Parlamento con il 30 per cento dei voti e che sta vivendo un’evoluzione anche dolorosa.
E che ha affrontato un cambio di governo…
Esatto, il cambio di maggioranza radicale in corso di legislatura passando dai sovranisti a una colazione europeista e riformista. Ripeto, il Movimento 5 Stelle ha una compagine molto importante, è il partito di maggioranza relativa. E ha al suo interno tante anime diverse. Si tratta di elementi che possono produrre una certa turbolenza, però quando ci sono degli obiettivi molto chiari e comuni si può e si devono superare turbolenze e scossoni. Anche per questo definire un’agenda di questi temi comuni è fondamentale, e sono ottimista che nelle prossime settimane si procederà in questa direzione.
Su quali temi puntare?
Il modello neoliberista ha fallito e bisogna tornare a investire sui beni comuni: penso al rilancio dell’istruzione, transizione ecologica, sanità, infrastrutture materiali e immateriali. E grazie al Recovery Fund avremo la possibilità di investire in questi settori, dando al Paese una reale opportunità di crescita e sviluppo di lungo periodo. Di fronte a un obiettivo così ambizioso. Di fronte alla possibilità di cambiare il volto del Paese, credo si ritroverà la necessaria compattezza tra le forze di maggioranza.
Passando invece a un lato più interno al partito, c’è chi vede una eccessiva debolezza del Pd nel condurre le politiche di questo governo, lasciando tutto troppo in mano a Conte. Come risponderebbe a questa critica?
Io credo che il Partito democratico abbia dimostrato un grande senso di responsabilità e dato un volto nuovo al governo Conte. I risultati in Europa ne sono una rappresentazione plastica, dalla nomina del commissario Gentiloni all’elezione di Sassoli, fino ad arrivare al risultato straordinario del Recovery che, ricordiamo, ha introdotto una prima forma di mutualizzazione del debito che, fino a pochi mesi fa, sembrava impensabile. Sono questi i risultati della presenza del Pd, che potranno tradursi nei prossimi mesi in una nuova stagione riformista di cui oggi c’è ancora più bisogno. Alle sfide del mondo post Covid non si risponde con ricette populiste che guardano al qui e ora ma con un grande progetto di innovazione dello Stato che guardi al futuro. Di debito ne abbiamo fatto già abbastanza. Ora serve crescere, correre e per farlo occorre investire su innovazione e capitale umano.
Ci spieghi meglio.
La necessità di investire sull’edilizia scolastica e le nuove competenze per rendere la scuola più capace di rispondere alle esigenze del mondo che cambia, il tema della semplificazione dell’amministrazione pubblica, l’investimento sulle famiglie con l’assegno unico per la famiglia (che preferisco chiamare il primo mattone di una grande riforma del welfare in questo Paese), una riforma del mondo del lavoro e degli ammortizzatori sono tutti temi su cui il Pd già da tempo lavorava, ma che dopo la crisi Covid sono emersi in modo prepotente. Tutto questo dimostra che il Pd c’è, e non da qualche mese. Farà vedere la sua impronta riformista proprio a partire dalle nuove presidenze di commissione, lavorando sui temi strategici e sulle riforme con cui migliorare il Paese investendo le risorse che arrivano dall’Europa.
Il Pd al governo e in Parlamento, ma poi anche nei territori. Un’analisi Swg dei partiti italiani negli ultimi 2 anni mostra che il Pd ha perso molto del suo elettorato al Nord. Come riprendere il contatto con questa parte d’Italia?
Io credo che si debba e si possa partire dalle elezioni di Bonaccini in Emilia-Romagna. Lui ha sconfitto la Lega di Salvini quando era al suo picco massimo, quindi è l’esempio plastico di come i grandi amministratori possano essere la chiave di volta per un Partito democratico che vuole tornare a parlare anche con le regioni guidate ora dalla Lega. Bonaccini incarna la migliore tradizione riformista e progressista del Pd. Ma aggiungo anche un altro aspetto.
Prego.
Per tornare in sintonia con i territori, non si può ignorare il mondo dell’industria e dell’impresa che rappresenta la locomotiva del Paese. Una locomotiva con una forte vocazione europeista. Insomma, dobbiamo essere in grado di far contare le nostre imprese in Europa senza chiuderci nel nostro orticello. In secondo luogo si deve tenere insieme l’ambizione di costruire grandi opere con la capacità di mettere in sicurezza i nostri territori, salvaguardando l’ambiente.
Ad esempio?
Questa mattina ho parlato con la ministra De Micheli, nelle prossime settimane verranno affidati gli appalti della Tav Brescia-Padova, ad esempio, che andrà avanti con tutte le mitigazioni possibili ma si va avanti e non ci si ferma. Su questo dobbiamo puntare, salvaguardia dell’ambiente e innovazione infrastrutturale. Crescita e sviluppo sostenibile possono andare di pari passo, e su questo proseguiremo.