Forza Italia non sarà la stampella del governo Conte. Lo dice a Formiche.net l’ex sottosegretario al lavoro Claudio Durigon (Lega) che in questa conversazione affronta i nodi principali, della maggioranza e della crisi sistemica post-Covid. Niente promesse e rinvii, chiede, ma una strategia seria e lungimirante che preveda sì gli aiuti europei ma non il Mes che potrebbe riservare brutte sorprese al Paese. “Questa maggioranza ha fallito: non sia tabù andare al voto”.
Le stime dell’Unione europea tracciano un quadro peggiore delle aspettative (-11,2 % di Pil). Come invertire la rotta?
Intanto l’Europa ci veicoli le risorse annunciate in pompa magna, come il Recovery fund: fino ad oggi non abbiamo ancora visto nulla, al netto degli annunci di bazooka e di poderose manovre. Il momento economico è drammatico, avremo un autunno complicatissimo: un’azienda su tre sta per fallire.
Il Mes sarebbe offerto ad un tasso di interesse dello 0,13%. Perché siete contrari?
Perché non è solo un prestito, ma un trattato e in quanto tale ha delle regole che potrebbero riservarci sgradevoli sorprese. Perché la Grecia non lo ha chiesto? Mi chiedo inoltre come mai dovremo accedervi per 37 miliardi, visto che ne siamo contribuenti netti per 17. È una delle molteplici contraddizioni dell’Europa e anche di questo governo. Osservo che molti colleghi del M5S sono contrari al suo utilizzo.
Il decreto Semplificazioni, approvato salvo intese, ha circoscritto 50 opere da definire entro settembre. Vi soddisfa?
No, dal momento che non lo abbiamo ancora letto, oltre al fatto che la clausola “finale” del salvo intese è ormai diventata una costante fastidiosa. Il momento è serio e il Paese necessita di serietà, non di accordi che possono cambiare. Siamo favorevoli allo sblocco di tutte le opere, come sosteniamo da anni ma per farlo è imprescindibile un dialogo con le imprese e i territori, non una semplice lista di 50 opere.
Zaia e Zingaretti sembrano viaggiare su due rotte diverse. Il primo, al massimo del consenso, non ha un però ruolo nazionale. Il secondo sì, ma è dato in calo nei sondaggi.
Si tratta di due personaggi molto diversi fra loro. Il primo è premiato da una attenta opera sul territorio, frutto di anni di buona amministrazione. Non solo l’emergenza Covid, ma anche quella, gli hanno dato i galloni di governatore più amato e i sondaggi di gradimento lo dimostrano ampiamente. Su Zingaretti rilevo che la sua politica del ‘ma’ ha consegnato il Lazio ad una situazione davvero difficile, con molti dossier aperti e crisi su vari fronti. Con queste premesse gli è stato dato anche un ruolo nazionale, con il risultato che non si sta occupando di gestire una Regione complessa come quella e contemporaneamente non sta offrendo al Pd una strategia vincente.
Intanto quota 100 e contratto di solidarietà, molto criticati in passato, dovrebbero restare attivi: significa che erano riforme necessarie?
È la dimostrazione che avevamo visto giusto andando in quella direzione, mentre il ministro Catalfo oggi brancola nel buio. Sono due provvedimenti che erano utili e lo sono ancora, da sottosegretario al Welfare li ho curati particolarmente. Oggi l’emergenza ci impone una serie di misure di sostegno e di rilancio, ma occorre che siano messe in atto con una visione ed una programmazione, non con kermesse di vetrina come gli Stati Generali.
Le ipotesi di allargamento della maggioranza di governo a Forza Italia, come dichiarato da Silvio Berlusconi a Repubblica, che considerazioni vi hanno stimolato?
Non credo ci sia questo rischio e le parole degli alleati in piazza qualche giorno fa lo dimostrano ampiamente. Questa maggioranza ha fallito gli obiettivi, ci ha fatti piombare in fondo alle classifiche europee e inoltre è preda di una sindrome di promesse e rinvii. L’Italia necessita di un governo serio e forte, per questa ragione le elezioni non siano un tabù.
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