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Russia, proiettili spaziali e Guerre stellari. Spagnulo racconta la corsa al riarmo

Non è fantascienza. Nel giro di pochi anni potremmo davvero assistere a scenari da Guerre stellari, con satelliti in grado di sparare proiettili, costellazioni di “sentinelle” per l’allerta della minaccia e missili lanciati da terra verso le orbite. Parola di Marcello Spagnulo, ingegnere ed esperto aerospaziale, autore del libro “Geopolitica dell’esplorazione spaziale” (Rubbettino, 2019). Come raccontato da Formiche.net, ieri le autorità militari per lo Spazio di Regno Unito e Stati Uniti hanno denunciato, quasi in contemporanea, un test russo di quella che pare una nuova arma: un “projectile” lanciato da un satellite. Oggi è arrivata la risposta del Cremlino, prevedibile, che ribadisce come “la Russia è sempre stata e continua a essere un Paese che si attiene al compito di una demilitarizzazione dello spazio e del non collocamento nello Spazio di qualsiasi tipo di arma”. Tuttavia, test militari oltre l’atmosfera sono ormai diventati sempre più ricorrenti.

Ingegnere, partiamo dal test. Esistono davvero proiettili che possono essere sparati dallo Spazio?

Vorrei solo ricordare che tra gli anni Settanta e Ottanta i russi provarono l’utilizzo di mitragliatrici dallo Spazio. Il problema è che per sparare un proiettile e colpire un target occorre essere a distanza ravvicinata, e l’efficacia di armi di questo tipo è ancora tutta da provare. Leggendo meglio le dichiarazioni di ieri, è chiaro che gli inglesi e gli americani si riferiscono a Kosmos 2543, un satellite russo di tipo “inspector” in orbita da tempo, già resosi protagonista di manovre di prossimità su satelliti Usa. Gli Stati Uniti hanno denunciato in un’altra occasione il suo cambiamento di orbita fino all’intersecazione con quella di un satellite del National Reconnaissance Office.

Cosa si intende per “manovre di prossimità”?

Si intendono quelle attività tese ad avvicinare l’orbita di un oggetto a quella di un altro, così da farle intersecare. I satelliti che le percorrono possono trovarsi comunque a distanza di decine, se non centinaia, di chilometri. Nello Spazio ciò significa comunque poter osservare un satellite, oppure potergli mandare un’emissione elettromagnetica di disturbo. Basti pensare che il jamming può colpire assetti in orbita anche da terra.

Torniamo al test russo. Cosa è accaduto?

Dal satellite Kosmos sarebbe uscito un oggetto capace di viaggiare a velocità maggiore rispetto a Kosmos stesso. Probabilmente, si è trattato di un mini-satellite con un proprio sistema propulsivo.

Ci spieghi meglio.

Siamo nel campo della speculazione, ma è possibile che si sia trattato di un cubesat. D’altra parte, per poter partire da un satellite-madre e viaggiare a velocità relativa maggiore, occorre mantenere una propulsione continua. Poi bisogna fare i conti con la meccanica orbitale. Se si accelera o si rallenta, si cambia l’altezza dell’orbita, e ciò ha effetti evidenti sulla possibilità di colpire come un proiettile un altro satellite. In parole povere, è più complicato rispetto allo sparo di un proiettile sulla Terra. Si possono comunque creare danni importanti.

In che modo?

Oltre l’impatto cinetico del “projectile”, lo si può far deflagrare nelle vicinanze dell’obiettivo. Oppure si potrebbero emettere onde elettromagnetiche per danneggiare i circuiti, sparare laser o addirittura spray chimici. L’impressione è che nel caso del test denunciato da inglesi e americani, i russi abbiano provato a far partire da Kosmos un piccolo oggetto dotato di una sua propulsione così da minimizzare i tempi di raggiungimento verso un altro obiettivo. Gli stessi comandi Uk e Usa non hanno denunciato alcun impatto o deflagrazione. In ogni caso, si tratta di sistemi assolutamente plausibili. Credo che anche gli americani abbiamo fatto test di questo tipo con la navetta segreta X37-B.

Non è significativo che la prima accusa a Mosca sia arrivata da Londra e non da Washington?

Direi di sì. La tensione tra Regno Unito e Russia è cresciuta parecchio nelle ultime settimane su vari aspetti. I britannici stanno stringendo la rete su una serie di oligarchi russi, senza contare le accuse di interferenze da Mosca sulle elezioni inglesi. A mio avviso, non è un caso che anche l’accusa sul test sia arrivata in questo momento. È come se si volessero aggiungere ulteriori terreni di scontro. La geopolitica dello Spazio conferma di avere la sua ricaduta della Terra. Ciò che accade oltre l’atmosfera non è che una maschera di quello che succede sotto. Lo stesso vale per i rapporti tra Regno Unito e Stati Uniti. All’allineamento su 5G e Huawei segue anche il rafforzamento dei rapporti in campo spaziale, comunque aperto al gruppo Five Eyes.

E perché proprio lo Spazio?

Il Regno Unito ha scelto lo Spazio come uno dei settori in cui sviluppare sistemi e tecnologie ad alta innovazione. Per giustificare gli ingenti investimenti (ad esempio nella costellazione One Web) deve anche spiegare il perché di un bisogno difensivo. È un’esigenza politica interna per far capire che lo Spazio sta diventando un terreno fortemente geopolitico. In Europa, Londra è rimasta parecchio scottata dalla situazione sul sistema Galileo (ne abbiamo parlato su queste colonne). La scelta di acquisire One Web non è determinata solo dall’interesse per la navigazione satellitare, ma anche e soprattutto dall’idea di mettere le mani su un grosso sistema di tanti satelliti. Vogliono cioè cominciare a essere gestori e operatori, oltre che utilizzatori.

Come si lega questo con l’esigenza di difesa?

Perché solo aumentando il numero di satelliti ci si può difendere da sistemi come quello testato dai russi. So che può sembrare fantascienza, ma parliamo di scenari da qui a dieci anni.

Compresa l’ipotesi di colpire satelliti con missili lanciati da Terra. È già possibile?

Sì. Gli Stati Uniti possono farlo tranquillamente dai cacciatorpediniere o dagli F-15. I russi lo possono fare da terra con il sistema Nudol, dotato di base mobile e dispiegabile su diversi siti. Anche i cinesi lo possono fare da vari siti di lancio. Nonostante la possibilità concreta, che lo facciano è cosa diversa. Utilizzare un sistema di questo tipo per uno scontro cinetico provocherebbe parecchi detriti, con tutte le note conseguenze sull’opinione pubblica mondiale e sulle reazioni da parte dei competitor. Resta uno strumento di deterrenza, integrabile proprio con altri sistemi come quello testato dai russi: un oggetto rapido con una missione breve, capace di colpire l’obiettivo con jamming o altre interferenze, anche a distanza, oppure con un piccolo contatto cinetico, comunque capace di deviarne l’orbita per un danno che può rivelarsi determinante. Non è un caso che nella Strategia militare francese dello scorso anno si legga l’intenzione di realizzare cubesat-sentinella per proteggere le infrastrutture in orbita, attaccando gli assetti avversari spostandoli fuori dall’orbita terrestre. Non è fantascienza, ma pura meccanica. Dobbiamo abituarci a scenari di questo tipo, anche perché le potenze sono tutte determinate a procedere verso tali sistemi.

Come difendersi?

In tre modi. Primo, come detto, aumentando la resilienza dell’infrastruttura, cioè il numero degli oggetti in orbita, così da diminuire la quantità di satelliti da cui si dipende in maniera cruciale ed evitare la “Space Pearl Harbour”. Secondo, dotandosi degli stessi sistemi per attuare la classica mutua deterrenza. Terzo, infine, un ban internazionale, simile a quello utilizzato sulla terra con riferimento ai missili balistici.

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