Durante una visita a Damasco mercoledì, in cui è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione militare con Teheran, il capo di Stato maggiore iraniano, Mohammed Hossein Bagheri, ha annunciato la fornitura di altri sistemi anti-aerei. Saranno usati in Siria per respingere gli attacchi israeliani, ha detto. Quei raid di cui parla — centinaia in questi anni, di solito condotti in forma riservata, operazioni al buio che difficilmente vengono commentate dal governo israeliano — sono in effetti un problema per l’Iran, perché colpiscono lo snodo logistico che la Repubblica islamica ha costruito in Siria fin dai primi tempi dell’ingresso in guerra come puntello del regime assadista. Il coinvolgimento siriano, oltre a garantirsi la lealtà di Damasco, serve all’Iran per creare una piattaforma militare sul Mediterraneo da cui inviare finanziamenti al sistema di milizie regionali pensato per incunearsi in altri Paesi e garantirsi spazio di influenza (in Iraq, Libano, Afghanistan, Pakistan, Yemen).
Gli attacchi aerei israeliani colpiscono su rotte e strutture usate dagli iraniani per passare, dalla Siria, armi a questi gruppi proxy. Per lo stato ebraico è una questione di sicurezza nazionale, perché da che quelle armi potrebbero finire per essere colpito. La difesa aerea siriana è sempre stata un argomento importante per l’Iran, che non è contento del controllo dei cieli offerto dai russi (l’altro grande sponsor del regime), perché troppo lasco con gli israeliani. È vero che la Iaf usa sovente gli “Adir“, gli F-35 stealth, ma è altrettanto vero che le batterie di Mosca chiudono più di un occhio per via di un accordo di non intromissione deciso con Gerusalemme. Ora Teheran avrà in Siria nuove batterie: dall’intesa esce un messaggio chiaro contro Israele, “siamo pronti”, ma sarà da vedere se, come già successo in passato, quelle contraeree non saranno bersagliate esse stesse dai missili dello Stato ebraico.
(Foto: Governo iraniano, il generale Bagheri e il ministro della Difesa siriano)