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Space diplomacy 2.0. Il dialogo tra Cristoforetti, Di Pippo, Di Stefano e Saccoccia

Space diplomacy, attori privati, Luna e Marte: è iniziata una nuova era dell’esplorazione spaziale? Hanno risposto l’astronauta Samantha Cristoforetti, il direttore dell’Unoosa Simonetta Di Pippo, il presidente dell’Asi Giorgio Saccoccia, e il sottosegretario per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Manlio Di Stefano. Sono loro, infatti, i protagonisti dell’evento organizzato dalle riviste Airpress e Formiche, in collaborazione con l’Asi: “Space Diplomacy 2.0”. Ecco la diretta, moderata dal direttore Flavia Giacobbe:

L’attenzione è tutta per la nuova epoca dell’esplorazione spaziale. Siamo nel bel mezzo dei giorni “marziani”, con la finestra utile per i lanci verso il Pianeta rosso che si concentra, ogni due anni, in poco più di un mese. Quest’anno è stata inaugurata da Hope, la “speranza” degli Emirati Arabi. Il 23 luglio è poi partita la missione Tianwen-1, la prima interplanetaria per la Cina all’interno di un programma completo e ambizioso. Il 30 sarà la volta di Mars 2020, la missione della Nasa che porterà su Marte un drone volante e il  rover Perseverance per la raccolta dei campioni alla ricerca di tracce di vita passata. A bordo avrà anche tecnologia italiana: un microriflettore laser di ultima generazione sviluppato dall’Infn (su commissione Asi) che fornirà la posizione accurata del lander, particolarmente utile quando verrà raggiunto da una missione successiva chiamata a recuperare i campioni raccolti.

Corre in parallelo il sogno del ritorno sul nostro satellite naturale. Gli Stati Uniti hanno lanciato da tempo il programma Artemis con cui puntano a tornare sulla Luna entro il 2024. Non sarà però una toccata e fuga come l’ultima volta. L’obiettivo è mantenere una presenza stabile sulla superficie e in orbita lunare, con il Lunar Gateway. L’Italia, forte di comprovate eccellenze scientifiche e industriali, vuole essere della partita, seguendo la strada già sperimentata per la Stazione spaziale internazionale (Iss). Corre su un doppio binario: la partecipazione all’Agenzia spaziale europea (Esa) e il rapporto bilaterale con la Nasa.

Lato europeo, l’Italia ha da poco incassato i primi importanti ritorni a fronte del rafforzato impegno nell’Esa, ufficializzato al consiglio ministeriale di Siviglia dello scorso novembre con 2,3 miliardi di euro in un budget complessivo di 14,4, pari al 16%, terzo contributore. A otto mesi dall’appuntamento spagnolo, con il via libera ai primi programmi sono arrivati per l’industria italiana contratti per circa 1,5 miliardi, con un ritorno netto complessivo per 800 milioni. Riguardano tra gli altri le nuove sentinelle di Copernicus (il sistema europeo per l’osservazione della Terra), sia l’I-Hab, il modulo abitativo, a guida italiana, con cui l’Esa contribuirà al Lunar Gateway. Lato americano, l’Italia sta ormai definendo una strategia di collaborazione di lungo periodo con la Nasa proprio per definire il ruolo su Artemis. Poggia su una lunga storia di cooperazione che risale almeno al 1964, quando il primo satellite italiano (il San Marco 1) partì dalla Wallops Flight Facility in Virginia. In tempi più recenti, i moduli realizzati per la Iss hanno consentito agli astronauti italiani un accesso privilegiato alla stazione orbitante.

Lo sa bene AstroSamantha, che tra il 2014 e il 2015 ha passato sei mesi a bordo della Iss con la missione “Futura” dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), durante la quale, oltre l’intensa attività scientifica, stabilì il record di permanenza a bordo in unica missione per una donna. Obiettivi da superare con una nuova missione: lo scorso novembre, durante la ministeriale di Siviglia, l’astronauta italiana ha ottenuto un nuovo biglietto per lo Spazio, da spendere forse sulla nuova Crew Dragon recentemente inaugurata dagli Stati Uniti, e magari con un occhio al programma lunare Artemis.

Anche su questo è al lavoro la Space diplomacy italiana, in un contesto tuttavia differente rispetto al passato, con l’Esa che si avvia al delicato cambio del suo vertice. All’emersione degli attori privati sempre più protagonisti (da SpaceX a Virgin Galactic) si aggiunge poi da tempo la crescente militarizzazione delle orbite. Dopo Stati Uniti e Francia, anche Giappone e Regno Unito si stanno dotando di un comando dedicato alle operazioni spaziale, frutto delle medesime preoccupazioni per l’attivismo nel campo da parte di Cina e Russia. Siamo di fronte a una nuova pace spaziale, o ci indirizziamo invece verso guerre stellari?

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