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Così il Manifesto di Assisi racconta l’Italia che verrà

Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola e Roberto Rossini, presidente nazionale Acli ha rilanciato il Manifesto d’Assisi per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica. Presentato lo scorso gennaio proprio ad Assisi, il Manifesto propone di affrontare la crisi climatica non solo come una necessità, ma come una grande occasione per “rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo.

Una sfida che richiede il contributo di tutti a partire dalle istituzioni, dalla politica e dalle forze sociali con il contributo delle migliori energie tecnologiche e di “tutti i mondi economici e produttivi e soprattutto la partecipazione dei cittadini”. Fondamentale è stato in questa direzione il ruolo dell’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco del 2015.

E proprio a Papa Francesco si sono riferiti Realacci e Rossini citando le parole del Papa a proposito della pandemia da coronavirus “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla richiudendoci in noi stessi”. “In questo difficile passaggio – hanno aggiunto – abbiamo capito l’importanza di alcune politiche pubbliche, del sistema sanitario, dell’agroalimentare, del ruolo del terzo settore e della coesione sociale”.

La sfida che attende non solo l’Italia e l’Europa nei prossimi anni per azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050, può essere un’opportunità che vede l’Italia in prima fila nell’economia circolare e sostenibile in molti settori dall’industria all’agricoltura, dall’artigianato ai servizi, dal design alla ricerca, al riciclo dei rifiuti. “La nostra green economy – si legge nel Manifesto – rende più competitive le nostre imprese e produce posti di lavoro affondando le radici in un modo di produrre legato alla qualità, alla bellezza, all’efficienza, alla storia delle città, alle esperienze positive di comunità e territori. Fa della coesione sociale un fattore produttivo e coniuga empatia e tecnologia. Larga parte della nostra economia dipende da questo”.

Proprio nei giorni scorsi i promotori del Manifesto di Assisi (Ermete Realacci, padre Enzo Fortunato e padre Mauro Gambetti, Custode del Sacro Convento di Assisi) hanno incontrato a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al quale hanno presentato le loro proposte “verso un modello di sviluppo diverso e migliore affinchè il domani dell’Italia si fondi su valori che mettano in dialogo istituzioni e comunità, aiutando persone e imprese”.

La sfida che abbiamo davanti, è stato ribadito da tutti, potrà essere affrontata con successo solo con un’efficace partecipazione di tutti, intervento pubblico e risorse private, indirizzando l’azione dello Stato “verso una rapida e massiccia opera di semplificazione e sburocratizzazione”. Secondo Realacci e Rossini la coesione sociale, in economia come in tutte le altre situazioni da affrontare, è un elemento fondamentale e il ruolo del Terzo Settore diventa determinante: occorre affrontare la crisi “senza lasciare indietro nessuno, senza lasciare solo nessuno”.

“I nostri problemi sono grandi e antichi – ancora il manifesto – le disuguaglianze sociali e territoriali, l’illegalità e l’economia in nero, una burocrazia spesso inefficiente e soffocante. Ma l’Italia è in grado di mettere in campo risorse ed esperienze adeguate. Un’Italia che fa l’Italia, a partire dalle nostre tradizioni migliori, è essenziale per questa sfida e può dare un importante contributo per provare a costruire un mondo più sicuro, civile, gentile”.


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