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Tunisia, cosa può fare l’Italia? La risposta di Oussama Shagheir (Ennahda)

“La questione dell’immigrazione per come la stiamo vivendo in questi giorni non è una cosa nuova. Lo vediamo davvero da tanti anni: ed è dovuto a un’insieme di condizioni che viviamo in Tunisia, dove stiamo soffrendo ancora gli ultimi anni di Ben Ali e le difficoltà della ripartenza dopo la rivoluzione. E non è facile nel contesto geopolitico in cui ci troviamo risolvere da soli le questioni socio-economiche dell’immigrazione”, dice a Formiche.net Oussama Sghaier, deputato tunisino tra i giovani di spicco del partito islamista Ennahda.

In effetti il contesto geopolitico è uno degli elementi che fa da zavorra alla ripartenza tunisina, caso di successo delle Primavere Arabe che stenta, dopo un decennio, a lanciarsi. “Certamente tutta la regione è in difficoltà. Noi soffriamo per un sistema economico che non parte anche perché collegato al quadro regionale, e per una democrazia che sta ancora gettando le basi verso il futuro. Ma c’è anche l’Europa che ha non va bene economicamente – continua al Sghaier – e ha ridotto le relazioni commerciali con la Tunisia (lo hanno fatto Francia, Spagna, Germania, Italia, i nostri principali partner commerciali)”.

Su tutto, certamente la Libia, crisi che dura da un decennio, una guerra che ha gettato il Paese nel baratro e destabilizzato un ampio scenario regionale e oltre: “Noi –aggiunge il deputato – con la Libia avevamo tanto commercio, avevamo presenza lavorativa nel Paese, l’interscambio era proficuo, ma la Libia è scivolata nel caos. Una situazione che non è facile riassorbire”.

Al Sghaier, il cui partito (riconosciuto come tale dopo la Rivoluzione dei Gelsomini) esprime il presidente del Parlamento, sostiene che stante al quadro, “e senza dimenticare gli anni del terrorismo che aveva come obiettivo di far fallire questo tentativo lanciare la democrazia tunisina”, è facile capire che se “tutto si ferma attorno a noi, allora la nostra situazione precipita”.

L’immigrazione è un processo conseguente a questo punto? “Lo è, ma grazie a Dio non siamo nella situazione degli anni post-rivoluzione, quando in Sicilia sbarcarono 25mila immigrati. Questa è una questione ancora più stagionale”.

Ma cosa fare, al di là delle questioni di sicurezza? “Di programmi europei ce ne sarebbero, ne abbiamo parlato tanto, ma non il fatto è che non si applicano. E di questo ne approfittano le organizzazioni che sfruttano la situazione oltre che per il traffico di persone, per passaggi clandestini di droga e armi. Eppure non ho sentito uscire dalle ultime riunioni soluzione concrete per fermare questo fenomeno”.

Ma cosa servirebbe in concreto? “Investimenti più profondi, in una fase come quella attuale l’Italia sembra che non sia più interessata a investimenti strategici in Tunisia. E poi c’è l’enorme tema dell’immigrazione circolare: concetto etereo, se ne parla ma non si implementa. E invece questo serve alla Tunisia”.

Secondo il parlamentare di Ennahda, serve “un patto strategico tra Tunisi e Roma. L’Italia c’è, e ha un’ambasciata attiva che si muove anche nelle regioni marginalizzate della Tunisia, ci sono realtà produttive presenti è vero, ma il fenomeno è molto più grande. Le soluzioni di sicurezza non sono soluzioni: perché con quelle riesci a togliere il traffico da una parte ma poi te lo ritrovi da un’altra. Questi ragazzi cercano di emigrare perché vogliono un futuro che per ora non riescono a trovare in Tunisia. Per questo credo che quello che l’Italia e l’Europa dovrebbe fare è aiutare la Tunisia per togliere lo stimolo all’emigrazione”.

“E – aggiunge al Sghaier come chiosa – stiamo vedendo immagini e video in cui alcuni, ci tengo a sottolineare alcuni, elementi delle forze di sicurezza si comportano in modo violento contro le persone gli immigrati. Mi fa soffrire, perché da un Paese come l’Italia, un faro democratico e del rispetto dei diritti, questo non me lo aspetto”.

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