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Baltico e Ucraina, perché la Bielorussia conta. Parla Rough (Hudson)

“Se la Russia consolidasse il suo controllo sulla Bielorussa, e se riuscisse a stabilire lì un suo protettorato militare, la sicurezza baltica verrebbe danneggiata in maniera sostanziale”, spiega Peter Rough, senior fellow del think tank statunitense Hudson Institute, a Formiche.net. “Basta guardare le cartine per capire il perché: la Lituania sarebbe in un sandwich tra Kaliningrad e la Bielorussia appena presidiata. Allo stesso modo, il confine lettone che Riga considera ostile verrebbe pressoché raddoppiato”.

Per quanto riguarda l’Ucraina, invece, Rough prende ancora una volta la cartina in mano evidenziando come il confine bielorusso si estenda lungo tutto il Nord-Ovest del Paese, fino al fiume Dnepr, a pochi chilometri dalla capitale Kiev. “Un intervento russo di successo in Bielorussia significherebbe per l’Ucraina dover gestire più fronti con la Russia o con aree sotto il controllo russo”, spiega l’esperto. “Dalla Crimea a Sud, fino alla Bielorussia a Nord, e dalla Transnistria a Ovest fino al Donbass a Est, la Russia avrebbe diverse leve con cui fare pressione su Kiev”.

Ma secondo Rough non siamo dinnanzi a una scelta “tra resa e guerra”. “I russi”, spiega, “capiscono che il mondo non è bianco e nero, o diviso tra il massiccio e schiacciante intervento militare o la resa. Un esempio: Mosca può fornire esperienza e personale al Aleksandr Lukashenko per aiutarlo a mantenere in onda la televisione di Stato”. Così dovrebbe ragione anche l’Occidente, dice Rough facendo eco a quanto osservato da Matthew Rojansky, direttore del Kennan Institute al Wilson Center, a Formiche.net: “Gli Stati Uniti e l’Europa”, dice Rough, “dovrebbero vedere la sfida in modo simile: ci sono una serie di opzioni che l’Occidente può mettere in campo per indebolire i russi e sostenere l’opposizione bielorussa”. Ecco perché, conclude “non abbiamo bisogno di scegliere tra resa e guerra”.

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