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Referendum e riforme. L’avv. Benedetto (Fle) spiega il cortocircuito

Ieri la Consulta si è espressa su una serie di ricorsi che sostanzialmente erano finalizzati a contestare e contrastare l’election day del 20/21 Settembre 2020. Tale artificiosa commistione è contro ogni prassi elettorale e costituzionale, gravemente limitativa dei diritti del cittadino-elettore di essere correttamente e adeguatamente informato, causa di confusione per la diversità dei temi (elezioni amministrative: comunali e regionali) e riforma della Costituzione.

Tuttavia non mi sento di gettare la croce sulla Corte Costituzionale, che con un giudizio tranchant ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, senza entrare nel merito. L’errore (voluto!) è stato del governo che quella data ha fissato. Non c’è dubbio che non sia stato un caso la commistione. Uno dei partiti di governo, infatti, ha ben compreso l’aria che tirava a favore del No e ha fatto il possibile per confondere le acque e motivare in suoi elettori, portati alle urne per il turno elettorale amministrativo e auspicabilmente (per quel partito) indotti a votare a favore della riforma che taglia la democrazia.

Se avranno fatto bene i loro conti lo potremo dire solo a urne chiuse. Oggi noi promotori del No dobbiamo fare la nostra parte, pur nel diffuso disinteresse (anche questo ritengo voluto) degli organi di stampa. Deve essere chiaro a tutti qual è il vero tema del Referendum, di cui il taglio dei Parlamentari è materia per le allodole.

Io sto con Beppe Grillo, che con chiarezza e senza infingimenti da tempo ci ha fatto sapere qual è la posta in gioco. E di questo gli va dato atto. Quando Grillo afferma, virgoletto: “Ho un’idea. Sorteggiamo i parlamentari. Il primo passo? Un senato dei cittadini. I politici non servono”, fa esercizio di grande onestà intellettuale. Tanto quanto intellettualmente disonesto è il refrain sul (ridicolo, un caffè all’anno per ogni italiano) costo della politica.

In sostanza si confrontano due opposte visioni della politica e della società. Da una parte quella della Fondazione Luigi Einaudi, promotrice del Referendum in nome della democrazia parlamentare, la democrazia di stampo liberale voluta da Luigi Einaudi e dai giganti, da De Gasperi a Togliatti, che hanno dato vita alla nostra Costituzione. Dall’altra, la visione che possiamo anche nobilitare definendola “democrazia diretta”, ma che in realtà si nutre di populismo e di odio verso la politica.

Su questo e null’altro si misureranno e si esprimeranno gli italiani. Forse perderemo. Ce ne faremo una ragione, non siamo e mai diventeremo un partito. Ma è nostra intima convinzione che nel caso vinca il Si a perdere sarà il Paese. Noi in nome della nostra impostazione culturale, abbiamo fatto e continueremo a fare quanto è nelle nostre possibilità. L’occasione per invertire la tendenza c’è ed è più unica che rara.

Per questo #IoVotoNo


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