Skip to main content

Lukashenko vince ancora. Il sogno spezzato della Bielorussia

“Abbiamo cercato di cambiare la leadership, e questa volta ci credevamo: abbiamo pensato che fosse arrivato anche il nostro momento. Ci abbiamo creduto e invece siamo stati frodati anche questa volta. Per questa ragione siamo scesi in strada: molti come me non sono parte attiva dell’opposizione politica, ma abbiamo lo stesso deciso di manifestare”.

Un cittadino bielorusso che non vuole essere nominato perché teme di subire ritorsioni spiega a Formiche.net – via social network, ieri finché possibile – quello che sta succedendo nel suo paese. Per la sesta volta di fila, Aleksandr Lukashenko, ha vinto le elezioni in Bielorussia. Al buio: nonostante un blackout generale a Minsk e la chiusura dell’accesso a Internet – misure non casuali, ma decise dal regime – la Commissione elettorale centrale ha infatti potuto conteggiare per “l’ultimo dittatore d’Europa” l’80,23 dei voti. Eppure le urne elettorali erano piene di voti alla sua concorrente principale, Svetlana Tikhanovskaya.

Tikhanovskaya, moglie di un blogger molto noto arrestato per estrometterlo dal voto, aveva raccolto attorno a sé molto consenso – sostenuta da altre due colleghe, una spostate con un altro leader dell’opposizione, l’altra coordinatrice della campagna elettorale di un terzo.

Sembrava possibile: ex insegnante di inglese ora casalinga, non aveva creato una piattaforma politica (da alcuni analisti è stato considerate un errore, ma visti i risultati sembra una considerazione relativa), ma aveva fatto una promessa. Se avesse vinto avrebbe fatto celebrare delle elezioni democratiche e regolari. E invece il voto di domenica 9 agosto s’è svolto in un clima militarizzato, con Minsk completamente chiusa da un cordone di posti di blocco, i soldati per strada e i rappresentanti elettorali che trafugavano borse (probabilmente piene di voti) dai seggi e il voto anticipato – il 41,7 per cento del totale – che è stato gestito senza nessun controllo. Ora le opposizioni denunciano brogli e manipolazioni, anche perché sono stati diversi gli scrutatori che – finché possibile – hanno diffuso verbali che darebbero una larghissima maggioranza a Tikhanovskaja.

Ci sono stati 3000 arresti durante la nottata di proteste, che si aggiungono ai duemila prima delle elezioni. Dozzine i feriti negli scontri, alcuni gravi, colpiti da granate stordenti, idranti e proiettili di gomma; una persona è stata investita da un furgone dell’antisommossa. Batka – padre, come ama farsi chiamare – non è il leader che vogliono i bielorussi, ma il suo successo elettorale è stato già salutato con i complimenti dal segretario del Partito comunista cinese, il capo dello stato Xi Jinping.

E pure il Cremlino ha accettato la vittoria: nonostante il leader bielorusso sia diventato problematico – perché si rifiuta a cedere la totale sovranità del suo paese alla Russia – a Mosca si preferisce lui come mantenimento dello status quo a una rivoluzione che avrebbe potuto portarsi con sé una più ampia destabilizzazione.

Sul Telegraph, un’analisi del Robert Bosch Stiftung Academy Fellowship della Catham House centra una sfaccettature importante: tutto sommato Lukašėnka è accettato perché può permettere la perpetrazione della stabilità, sebbene con la forza, e nemmeno Europa e Stati Uniti lo sanzionano perché colpirlo troppo duramente significherebbe rendere l’assimilazione alla Russia troppo appetibile per lui. Almeno finora. “La Bielorussia non sprofonderà nel caos, nella guerra civile”, aveva promesso del resto l’eterno presidente mentre si recava ai seggi. “Non c’è posto in Europa per la violenta repressione di manifestanti pacifici. I diritti fondamentali devono essere rispettati in Bielorussia. Chiedo alle autorità della Bielorussia che i voti delle elezioni di ieri siano contati e pubblicati accuratamente”, ha scritto la presidente europea Ursula von der Leyen su Twitter.



×

Iscriviti alla newsletter