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Così Speranza ha fatto tesoro (speriamo) dell’Intelligence

L’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza del 16 agosto 2020 prevede che sull’intero territorio nazionale l’obbligo di protezioni delle vie respiratorie anche all’aperto, nonché “negli spazi pubblici (piazze, slarghi, vie) ove per le caratteristiche fisiche sia più agevole il formarsi di assembrementi anche di natura spontanea e/o occasionale”.

A queste ultime zone faceva riferimento uno studio della Società Italiana di Intelligence del’11 aprile 2020 dal titolo studio “Link City: Oltre lo Shock del Coronavirus” realizzato da Mario Caligiuri (Università della Calabria e Presidente della Socint), Elia Lombardo (Coordinatore del Laboratorio sulla Predictive Intelligence dell’Università della Calabria) e Donato Piccoli (Urbanista e masterizzando in Intelligence all’Università della Calabria).

Nella ricerca, disponibile integralmente qui, si propone l’utilizzo di un algoritmo che, attraverso una sperimentazione simulata a Napoli, ha proposto un modello per prevedere le caratteristiche delle zone urbane a maggiore possibilità di diffusione del coronavirus.

Nello studio si legge  che “Nelle zone individuate dall’algoritmo come quelle a maggiore rischio di contagio presente e futuro si potrà intervenire con mirate azioni di contenimento. Tra queste: la chiusura totale o parziale di questi luoghi, l’incremento degli sforzi sanitari come l’uso di tamponi specificamente per la popolazione delle zone interessate, il perfezionamento dei controlli di polizia. Inoltre, considerando la “Fase 2” e la probabile “Fase 3” del dopo coronavirus, questo approccio potrebbe permettere di valutare con sufficiente attendibilità il rischio del contagio in funzione di una graduale e consapevole riapertura delle città, quartiere per quartiere e strada per strada”.

L’obiettivo dello studio infatti è stato quello di individuare i luoghi urbani della città in cui più alto è il rischio di trasmissibilità del virus, perché in essi più elevata à la probabilità di contatti tra individui. Questo modello predittivo, già attivo in tutte le città in cui si sta sperimentando il progetto XLAW per la prevenzione dei crimini, potrebbe  risultare utile anche per la gestione della pandemia da Covid-19.

 

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