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Cina, tasse e missioni estere. Ecco l’agenda (gustosa) per il Trump 2

Ritorno al normale. Il presidente americano Donald Trump ha pubblicato l’agenda per il suo secondo mandato alla Casa Bianca. La lista, intitolata “Fighting for you”, è stata diramata dalla sua campagna nella tarda serata di domenica. Cinquanta punti che faranno da canovaccio del discorso di accettazione di Trump alla Convention repubblicana giovedì dal South Lawn. Il documento ha ricevuto da subito il pieno supporto del Comitato nazionale repubblicano (Rnc). Una pratica insolita, nota Forbes, che si smarca dall’opzione tradizionale di “adottare una piattaforma di partito”.

Il leit motiv del piano è uno solo: riportare l’America back on track dopo una pandemia che ha mietuto, ad oggi, più di 200mila vittime negli States. Così l’agenda Trump promette, fra le altre cose, il “ritorno alla normalità entro il 2021”. Come? Con un vaccino anti Covid-19 “entro la fine del 2020”, ma anche fornendo “tutte le medicine e gli equipaggiamenti critici ai lavoratori della Sanità negli Stati Uniti”. Sul fronte economico, la road map è ancora più ambiziosa. Dieci milioni di posti di lavoro “in dieci mesi”, e “un milione di piccole e medie imprese” da mettere in piedi nello stesso arco di tempo, sul piano fiscale, “crediti di imposta made in America”.

Un capitolo a parte è dedicato alla Cina, a riprova della centralità del fattore Pechino nella corsa a Pennsylvania Avenue. Sotto il titolo di “Terminare la nostra dipendenza dalla Cina”, campeggiano sei proposte. Riportare indietro “un milione di posti di lavoro nel manifatturiero” dal Dragone, e nuove esenzioni fiscali per le aziende americane che vorranno dare una mano. Priorità ai due settori chiave della dipendenza Usa-Cina, il farmaceutico e la robotica: per entrambi sono previste “deduzioni di spesa del 100%” alle aziende che tornano in patria. Per chi non si adeguerà ci saranno conseguenze. “Nessun contratto federale alle aziende che delocalizzano in Cina la produzione”, recita il testo. In chiusura, un giuramento solenne: la Cina sarà resa “pienamente responsabile per aver permesso al virus di spandersi in tutto il mondo”.

Capitolo politica estera, Trump punta sui cavalli di battaglia del 2016. Ovvero la dottrina America First, declinata su tutti i fronti, dallo stop alle “endless wars”, le “guerre infinite” al ritorno delle truppe a casa. Gli alleati dovranno “pagare la loro equa quota”. Un’amministrazione Trump-bis si impegnerebbe da parte sua a combattere il terrorismo e a “costruire un grande sistema di difesa cibernetica e di difesa missilistica”.

Prosegue il pugno duro contro i migranti, i nuovi arrivati dovranno essere in grado di auto-sostenersi finanziariamente, ma anche contro il fronte “Antifa”, che, promette Trump, sarà designato come organizzazione terroristica.

Tra i punti più controversi di politica interna, Trump ribatte il ferro di una battaglia che ricorda un (vecchio) mantra grillino: il limite dei mandati al Congresso. Sotto il capitolo “Drain the swamp” (“Drenare la palude”, vecchio motto trumpiano contro la “corruzione” dell’establishment), il presidente uscente promette di ridurre la durata in carica dei Congressmen: sei anni (tre mandati) per i deputati e dodici (due mandati) per i senatori. Una proposta di grande popolarità che però non suscita eguale entusiasmo a Capitol Hill. Basti pensare che al termine del 118esimo Congresso, se dovessero entrare in vigore le restrizioni, ben 318 deputati dovrebbero lasciare il posto, di cui 161 repubblicani e 157 democratici, mentre al Senato la conta dei pensionati ammonterebbe a 46.



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