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Coronavirus, ecco la nuova ondata. Pregliasco spiega come sarà

“Una nuova ondata incombe. Spetta a noi decidere se si trasformerà in un nuovo lockdown”. Parola di Fabrizio Pregliasco, virologo, direttore sanitario dell’Irccs Istituto ortopedico Galeazzi di Milano. Le discoteche possono aspettare, la scuola non più, deve ripartire, dice a Formiche.net. E sul documento di previsione del virus svelato da Repubblica spiega: a febbraio ne giravano altri, “in emergenza non si può tenere conto solo dei modelli”.

Pregliasco, il 12 febbraio un documento avvisava il governo dell’impatto pandemico: tra i 60mila e i 120mila contagi, un fabbisogno di 10mila letti nelle terapie intensive. Ma è rimasto riservato.

Non so da chi e quando sia stato visionato. Il documento comunque delineava diversi scenari, non monterei una polemica. Facile commentare ex post, ma durante un’emergenza il decisore agisce sulla base di tanti fattori.

Il modello però citava cifre chiare, peraltro non lontane da quelle effettivamente registrate.

C’erano altri modelli previsionali in circolazione. Sono costruiti su decine di variabili di contesto, l’indice Rt, la popolazione. Non offrono una previsione secca ma un range fra un worst e un best scenario, né sono esenti da un margine d’errore.

Tra le ragioni della riservatezza di questi documenti, il governo ha più volte citato la possibilità di “scatenare il panico fra i cittadini”. Preoccupazioni motivate?

Il primo effetto di questa pandemia è stato scatenare un’infodemia. Troppe informazioni, tanta disinformazione. E una spettacolarizzazione del virus che, purtroppo, è la norma in tragedie come queste. Il governo ma non solo dovrebbe optare per un approccio comunicativo che non si spinga alla censura, poco adatta ai regimi democratici, ma che al contempo soppesi attentamente le informazioni fornite dalle istituzioni. Troppo spesso sono stati i talk televisivi a darle.

Qui c’è un piccolo mea culpa di categoria. O sbaglio?

È la televisione, funziona così. Sicuramente nei talk la discussione ha preso spesso una piega politica, e la molteplicità di informazioni e opinioni diverse non sempre ha aiutato. Troppa semplificazione.

Ecco, veniamo al virus. I contagi sono ripartiti. Si poteva prevedere, e magari prevenire?

Un aumento dei casi dopo il lockdown era inevitabile. Per ora ci è andata bene, siamo di fronte a un andamento endemico dettato da nuovi focolai ma con variazioni giornaliere, legate anche alla capacità di diagnosi. Registriamo anche un’omogeneizzazione geografica, la Lombardia non ha più un primato assoluto. Questo forse è l’aspetto più preoccupante.

Età media che si abbassa, carica virale che cambia. Com’è il coronavirus 2.0 in Italia?

La carica virale varia molto a seconda delle età. I bambini tendenzialmente evitano l’impatto pesante del virus, hanno una carica virale inferiore. Sulle presunte variazioni genetiche sento dire molte inesattezze. Non c’è, a quanto sappiamo, una nuova mutazione del virus. Semmai oggi siamo in grado di campionare quei soggetti asintomatici che a gennaio e febbraio, quando vedevamo solo la punta dell’iceberg, non registravamo.

Settembre come gennaio. Vuol dire che un nuovo marzo è vicino?

Una seconda ondata incombe. Alla luce dell’inverno, degli sbalzi termici, della presenza certa delle influenze. Un nuovo lockdown dipenderà da noi. Dalla capacità di star dietro ai nuovi focolai. E dei cittadini di non fare “sgambetti” a chi si occupa della prevenzione.

Pregliasco, discoteche aperte, scuole chiuse. Si può tornare in mezzo ai banchi?

Si deve fare. Le discoteche sono un’opzione, la scuola no, e va aperta. Certo, siamo di fronte a uno stress test. Io stesso, da direttore sanitario di un ospedale, mi metto nei panni dei presidi, costretti a riorganizzare di continuo gli spazi. Sarà un viaggio difficile, ma bisogna partire.



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