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Meloni, Salvini e il fattore Zaia. Parla Crosetto

Nel deludente e a tratti decadente panorama politico italiano, c’è ancora chi giganteggia. Nel suo caso, oltre all’acume, alla preparazione e alla capacità di analisi, c’è anche la stazza fisica. Dall’altra parte del telefono risponde quello che è stato il fondatore e primo coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto. È quasi pausa pranzo e le olive dell’aperitivo verdeggiano sul suo tavolino. “C’è tempo per una chiacchierata però”.

L’antipasto è a base di centrodestra e dintorni. Chi meglio di lui – ci siamo detti – può spiegarci ad esempio la grande ascesa di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia? Per rispondere però occorre avere ben chiaro che “quando si parla di centrodestra non si parla di una cosa sola ma di una ‘somma’. Forse solo Berlusconi è riuscito, in certe fasi, a fare da collante. Comunque, tra i partiti della compagine del centrodestra c’è sempre stata competizione”. Quindi “non c’è da stupirsi della concorrenzialità tra Fratelli d’Italia e la Lega, tra Salvini e Meloni. Va detto però che tra i due c’è molto rispetto di cui non ricordo precedenti storici. Ognuno sta facendo la sua strada, ma senza sbavature”. Tensioni che Crosetto derubrica a “costruzioni giornalistiche”.

Venendo a Meloni, il coordinatore di FdI spiega che la sua ascesa è determinata dalla costruzione di un’immagine di “persona seria, preparata, con un approccio molto pragmatico ai problemi . Ma – puntualizza – non l’è venuto difficile, perché Giorgia è proprio così”. In un momento come questo però, l’immagine che si trasferisce di sé stessi, specie in politica, in qualche modo è determinante. “Questi aspetti – continua – a poco a poco si sono sedimentati nell’immaginario collettivo del Paese. E, conseguentemente, Meloni è emersa come una vera leader”. Anche perché, aggiunge “anche nella fase più difficile di quest’anno, a pandemia furoreggiante, ha saputo affiancare alla parte della ‘guerriera’ quella della ‘pacificatrice’”. Questo atteggiamento è stato la dimostrazione plastica di come “lei abbia sempre anteposto prima l’interesse del Paese a quelli del partito”.

Storicamente Fratelli d’Italia raccoglie un testimone non facile, anzi a tratti piuttosto difficile da gestire. Ora però, nell’evoluzione del movimento “si deve fare breccia sull’elettorato moderato”. Le potenzialità, obiettivamente, ci sono. È chiaro però che gli strumenti, anche dialettici, per conquistare una fetta importante di elettorato che attualmente si trova in una forma di apolidismo politico, devono andare modificandosi.

Secondo Crosetto però il percorso in questa direzione è già più che avviato: “Le battaglie di Meloni e di Fratelli d’Italia ad esempio per la salvaguardia della piccola impresa, per la tutela dell’identità e del Made in Italy costituiscono un buon terreno fertile per raccogliere una parte dell’elettorato moderato”. C’è però un ragionamento molto più ampio che affonda radici profonde in un cambiamento endemico che ha dovuto fare la destra italiana negli anni. “L’evoluzione della destra storica italiana – dice Crosetto – è stata fondamentale per fare in modo che il centrodestra abbia avuto la possibilità di non essere solo testimonianza. Meloni, in questa fase, ha il compito di saldare i vecchi valori della destra e il nuovo modo di essere conservatori. Il termine conservatore, nel senso nobile, applicato alla Meloni, è qualcosa di reale. Da un lato la difesa dei valori tradizionali e dall’altro la difesa dello stato sociale. Ma uno stato sociale efficiente”.

Anche a Crosetto abbiamo chiesto cosa ne pensasse della surrettizia rivalità insinuata a più riprese tra Salvini e Zaia per la leadership della Lega. La risposta e il tono dicono tutto: “Ma vaaaa… Zaia sta per essere incoronato imperatore in Veneto”. L’iperbole comunque rende l’idea del gradimento del governatore nella sua regione. E comunque “Salvini sarà Salvini finché porta voti alla Lega. Quindi la rivalità fra i due è assolutamente improbabile”.

L’unica condizione che potrebbe convincere il “doge” ad anelare una qualche poltrona nazionale “sarebbe la possibilità di spostare palazzo Chigi sul Canal Grande”. L’ironia come un fioretto affilatissimo colpisce nel segno ed è funzionale all’ex onorevole per constatare come “Zaia anche nell’ambito della gestione del Covid nella sua regione è stato bravissimo. Di lui, più che di altri suoi colleghi, ho apprezzato il fatto che non si sia mai sottratto alla difficoltà di decidere in un momento drammatico, rischiando moltissimo”.

Spostandosi dall’altra parte della barricata, nell’alveo del governo, Crosetto prima di tutto ci consegna una confessione: “Non capisco più il Partito democratico – dice – che era uno schieramento per il quale nutrivo comunque rispetto per la capacità politica ed amministrativa. Non capisco il perché si sia fatto colonizzare dal Movimento 5 Stelle, non capisco perché non abbia più una linea”. Peraltro i grillini in questo momento “sono in grande crisi, anche per il fatto di aver estromesso il loro leader naturale: Luigi Di Maio. Un politico che, pur con tutti i limiti dell’età, era in grado di interpretare appieno il credo del Movimento”. Ora, però, i pentastellati “si stanno liquefacendo. Così come il Pd. E nel frattempo il più furbo è Renzi che, in definitiva, comanda”.

La partita da giocare per il leader di Italia Viva, ora, è quella di “trovare una via d’uscita al fatto di non decollare come consenso, ma di avere comunque doti politiche e fiuto non comuni”. Nel frattempo, sul tavolo di Crosetto, le olive sono finite e hanno lasciato il posto ad un’insalata: “Devo perdere 40 kg” confessa sconsolato.

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